Tornano i giudizi a scuola, da ottimo a gravemente insufficiente ecco le nuove pagelle

Scuola elementare, indietro tutta. Dopo appena tre anni dall’ultima riforma, il governo ha deciso di tornare all’antico. Non ai voti in pagella, come pure era stato vagheggiato nei mesi scorsi, ma ai cosiddetti «giudizi sintetici»: insufficiente, sufficiente, discreto, buono e ottimo, che avevano fatto la loro comparsa nelle pagelle alla fine degli anni Settanta per essere poi sostituiti dai voti, dalle lettere (brevissimamente) e dai nuovi livelli «in via di apprendimento», «base», «intermedio», «avanzato», che oggi sono sotto accusa.
«Abbiamo deciso di tornare,dal prossimo anno scolastico, a formule comprensibili al posto di quelle astruse introdotte di recente – spiega il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara -. Come fa un genitore o un bambino a capire che “in via di prima acquisizione” vuol dire insufficiente? È una questione di chiarezza». E aggiunge: «Stiamo valutando se sia utile aggiungere la possibilità di mettere gravemente insufficiente». Una formula che non correrebbe il rischio di essere fraintesa dal bambino, anche dal più piccolo: semmai di tramortirlo. Così almeno la pensa il pedagogista Raffaele Mantegazza che ha sottoscritto con il collega Daniele Novara e al maestro Alex Corlazzoli un appello per chiedere al governo di fermare quello che definisce un «colpo di mano» e aprire una fase di confronto con la scuola. «Non dico che il sistema dei livelli non andasse perfezionato. Ma che senso ha anticipare alle elementari i due e i tre delle superiori che già creano ansia ai più grandi?».
La strada comunque è segnata: le novità sono previste da un emendamento al disegno di legge che inasprisce le norme sulla condotta in discussione al Senato. Lo ha presentato qualche giorno fa il governo e non sembra immaginabile un ripensamento. È vero che il nuovo sistema di valutazione varato dal governo Conte 2 nel 2020 non aveva il pregio dell’immediatezza: non tanto per i quattro livelli di apprendimento quanto per i lunghi e articolati giudizi descrittivi che risentivano di un linguaggio burocratico e standardizzato. Esempio: «L’alunno/a acquisisce in modo “prolungato, attivo, efficace” un comportamento di ascolto attento e partecipativo». O all’opposto: «L’alunno/a acquisisce, ascolta in modo “discontinuo o per tempi brevi”». Formule queste che però dovrebbero rimanere, secondo quanto sostengono al ministero. «Il giudizio sintetico trascura il processo di apprendimento: è solo un’etichetta, e per questo non è diverso dal voto – spiega Elisabetta Nigris ,che aveva guidato la commissione per la valutazione nel 2020 -. Il sistema dei livelli invece misura i traguardi raggiunti e quelli ancora da raggiungere».
Ma la questione è anche politica: «Non è un mistero che il centrodestra sia sempre stato scettico su quel modello», precisa Valditara. E infatti fra i più accaniti oppositori c’era il vicepresidente e ministro dei Trasporti Matteo Salvini che l’anno scorso aveva affidato il suo sconcerto di genitore a una diretta TikTok: «Ho visto la pagella di mia figlia, quinta elementare. Per interpretarla e capirla ci vuole la laurea», aveva detto proponendo il ritorno dei voti.
Simpatie o antipatie a parte, però, non è stata condotta alcuna verifica scientifica sulla validità o meno del sistema dei livelli di apprendimento. Mentre in questi tre anni gli insegnanti si erano rimboccati le maniche per farlo funzionare: 160 mila maestre coinvolte in webinar sulla nuova valutazione, 8.000 referenti per la valutazione in tutte le regioni e poi incontri e centinaia di pagine di pubblicazioni. Lo ricorda un altro appello di queste ore e sottoscritto da diverse associazioni, dalla Cgil Scuola all’Unione cattolica degli insegnanti passando per Legambiente. «E ora? – osservano i firmatari -. In assenza di una verifica su quanto fatto finora, il governo decide di cambiare». Maria Mellone, presidente della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica riconosce che il sistema aveva delle criticità, «ad esempio in termini di comunicazione con le famiglie», ma condivide l’obiezione di fondo – di metodo più che di merito – che la scuola non può essere investita da continui testa-coda «a ogni giro di governo o quasi». corriere.it