Lega Ernica, Anagni in guerra contro Roma invece Alatri Veroli e Ferentino fedeli ai romani

di Deborah Panichi

La storia del sud del Lazio è stata troppo spesso eclissata da quella di Roma e della sua inarrestabile ascesa verso la conquista di vaste terre, da occidente ad oriente. Il Lazio antico non è stata solo la culla della civiltà romana ma è stato un luogo in cui si sono scontrate e incontrate popolazioni autoctone e non che, attraverso scambi, commerci e anche guerre, hanno portato alla creazione della regione così come la conosciamo oggi.
Il Lazio Adiectum o Novum, come veniva chiamato in antichità, corrispondente alla zona dell’odierno sud laziale, si estendeva tra la zona del Circeo e Sinuessa, dal lato del litorale, e tra la valle del fiume Sacco e quella del Liri, nella parte interna, zona oggi, più o meno, assimilabile alla provincia di Frosinone: questo territorio era abitato dagli Ernici, popolazione di origine dibattuta. Gli Ernici, mantenevano buoni rapporti con Roma, sappiamo dalle fonti che la popolazione ernica aiutò Roma nella guerra contro Veio già in epoca monarchica quando Roma era governata dal re Tullio Ostilio (672 a.C).
Alla metà del VI secolo a.C. le varie città erniche ovvero Anagnia (Anagni), Alatrium (Alatri), Ferentinum (Ferentino) e Verulae (Veroli) sentirono la necessità di unirsi in quella che venne chiamata Lega Ernica: è probabile che le città si sentissero schiacciate dal “vicinato” non proprio amichevole composto da Sabini, Equi e Volsci e, al tempo stesso, temessero, a buona ragione, la crescente forza e bellicosità di Roma.
Come accennato, i rapporti con la città romana furono fin da subito benevoli e dal V secolo a.C., iniziarono ad essere mediati ufficialmente dal Foedus Cassianum, un trattato stabilito nel 493 a.C. tra i romani e la Lega Latina, dopo la vittoria di Roma nella battaglia del Lago Regillo del 496 a.C..
Il trattato di pace era molto importante perché regolava sia le aree di commercio tra le varie popolazioni sia gli eventuali interventi in caso di guerra contro popolazioni straniere, ovviamente per straniero si intendevano tutte quelle popolazioni e città che non facevano parte del patto e, ad esso, erano estranee. Dionigi di Alicarnasso (60 a.C., 7 a.C.), storico greco di età Augustea, in Storia di Roma arcaica (VI, 95, 1-2) racconta come il patto fosse stato “accompagnato da giuramenti rituali…pace reciproca finché il cielo e la terra abbiano medesima posizione…”.  
Gli ernici entrarono a far parte del Foedus solo qualche anno dopo, nel 486 a.C..
In un primo momento il patto venne rispettato dalle popolazioni dell’odierno frusinate tanto che lo storico Livio (59 a.C.- 17 d.C.), in Storia di Roma dalla sua fondazione (III, 22, 2-4), racconta come siano gli stessi Ernici ad aiutare, con le proprie truppe composte da guerrieri con piede scalzo e copricapo a testa di lupo, i romani nella guerra contro i Sabini, gli Equi e i Volsci.
I primi screzi, tuttavia, iniziarono nel 389 a.C., quando, a causa della sete di potere e di conquista di Roma, che aveva avviato una nuova guerra contro i Volsci, le truppe erniche e latine decisero di non intervenire; questo clima irrequieto portò, infine, ad una rivolta nel 362 a.C., narrata da Livio in Ab Urbe Condita (VII, 6, 7) in cui lo scrittore racconta di come gli ernici abbiano provato a cogliere di sorpresa i romani attaccandone l’accampamento ma che, dopo la battaglia, furono costretti alla fuga.
Nel 306 a.C. la città di Anagnia, che al tempo era la città più importante degli ernici, quella che oggi definiremmo capitale, forse in virtù della sua posizione strategica su altura che le permetteva il controllo delle vie di comunicazione, tentò una sollevazione contro Roma, cercando di coinvolgere anche le altre tribù erniche chiamandole all’adunata in una zona che nelle fonti è citata come il circus quem maritimun vacant; qui le città di Alatria, Verulae e Ferentinum decisero di non partecipare alla guerra che vide, poi, capitolare sotto l’egemonia di Roma, l’odierna Anagni; ai cittadini riottosi venne accordata la civitas sine suffragio ovvero la cittadinanza senza diritto al voto a cui si aggiunse il veto sia sul diritto di assemblea e che sullo ius connubii, cioè la possibilità di contrarre matrimoni misti; caddero, altresì, tutte le istituzioni politiche ma vennero lasciati i ministri dei culti.
Nonostante tutto Anagnia rimase un centro estremamente importante dal punto di vista religioso per un lungo periodo benché, dalle fonti romane, non appaia soventemente nominata se non come una delle basi di Pirro nel suo cammino verso Roma o come città saccheggiata da Annibale (passato anche per Ferentinum) durante le guerre puniche.
Interessante notare come la zona di assemblea della popolazione ernice, il sopraccitato circus nominato dalle fonti letterarie, potrebbe esser stato individuato durante una campagna di saggi archeologici, condotti una quindicina di anni fa, in una località chiamata Osteria della Fontana dove, in precedenza, era già stato identificato un santuario, probabilmente dedicato alla dea Diana; sul luogo, che si trova tra la via Casilina e i Monti Lepini (nei pressi della villa imperiale degli Antonini e dei Severi), è stata trovata una costruzione circolare con muratura e con una pavimentazione interna posta più in basso rispetto alla zona esterna: purtroppo la ricerca archeologica non è stata portata avanti e ciò ha reso impossibile stabilire con certezza se questo possa esser stato il luogo dell’adunata ernica prima della rivolta; rimane tuttavia possibile che questo spazio circolare possa esser stato un luogo pubblico deputato a riunioni politiche o, anche, spettacoli di varia tipologia.
Rimaste fedeli a Roma, l’antica Alatri, Veroli e Ferentino, ottennero di poter mantenere le proprie istituzioni e le proprie leggi e venne concessa loro la possibilità di contrarre matrimoni legittimi misti. Aletrium, che sembra avvertì Roma dell’attacco di Anagnium, Ferentinum e Verulae rimasero strenuialleate di Roma sia durante le guerre puniche che nelle sannitiche e ottennero la piena cittadinanza romana dopo la guerra sociale (intorno al 90 a.C.) quando divennero municipi. In queste città molti sono i resti che ci parlano della loro storia antica, basti pensare alle poderose mura che le circondano e ai ritrovamenti archeologici che sono stati fatti in passato, le fonti narrano dei loro Fori cittadini, dei luoghi di culto e delle terme; purtroppo le ricerche in contesti pluristratificati non sono facili poiché l’antico è celato dalle costruzioni moderne: chissà se in futuro potranno essere fatti nuovi studi e scavi in queste zone così ricche di storia, ma forse un po’ dimenticate, che tanto hanno ancora da raccontare.