Quante uova alla settimana si possono mangiare? Ecco cosa dice la scienza

Un tempo demonizzate per l’alto contenuto di colesterolo, oggi le uova vivono una nuova stagione di popolarità.
Alcune celebrità e influencer raccontano addirittura di mangiarle come unica fonte proteica. Si impone, però, una riflessione sull’importanza di orientare le scelte alimentari su basi scientifiche e non sulle mode.
Per anni, le linee guida nutrizionali hanno consigliato di non superare il consumo di 1-2 uova intere a settimana, principalmente per la presenza di colesterolo nel tuorlo (circa 185 milligrammi in quello di un uovo medio).
Eppure, il colesterolo è una sostanza fondamentale: parte delle membrane cellulari, è coinvolto nella sintesi di ormoni, vitamina D e nella produzione della bile necessaria per digerire i grassi. Se, però, nel sangue se ne accumula troppo, può diventare un fattore di rischio cardiovascolare. Ma allora quante uova si possono mangiare alla settimana? La letteratura scientifica più recente le ha rivalutate, chiarendo molte preoccupazioni del passato. «Le uova contengono proteine di alto valore biologico, cioè con tutti e nove gli aminoacidi essenziali, e sono altamente biodisponibili. Inoltre, sono ricche di vitamine del gruppo B (soprattutto B12), vitamina D, colina, utile per memoria, cervello, sistema nervoso e fegato, e di antiossidanti, come luteina e zeaxantina benefiche per la vista», spiega Livia Pisciotta, professore ordinario di Scienza dell’alimentazione e delle tecniche dietetiche applicate all’Università degli studi di Genova.
«Studi recenti hanno confermato che nella maggior parte delle persone il colesterolo presente nelle uova non aumenta in modo significativo il rischio cardiovascolare perché stimola anche la crescita delle lipoproteine “buone” (Hdl) che compensano l’aumento di quelle “cattive” (Ldl), con un effetto finale sostanzialmente neutro. Tuttavia questo non vuol dire “via libera”: è sempre fondamentale variare il più possibile le fonti proteiche sia vegetali sia animali nelle giuste proporzioni». Non esiste, insomma, un numero di uova valido per tutti.
Le stesse principali società scientifiche internazionali concordano affinché le raccomandazioni sul consumo di uova vadano sempre lette all’interno della dieta abituale e tenendo conto dello stato di salute individuale.
«In particolare, l’American Hearth Association ritiene accettabile un consumo fino a un uovo intero al giorno o alimento equivalente per contenuto di colesterolo per le persone sane, ma solo nel contesto di uno schema dietetico salutare di tipo mediterraneo. Al contrario, nei pazienti diabetici o cardiopatici il consumo va ridotto, come quello di tutte le fonti di colesterolo. Viceversa, può essere aumentato in caso di soggetti vegetariani oppure in anziani normolipidemici. Le nostre attuali linee guida suggeriscono una frequenza settimanale e non quotidiana», chiarisce Anna Tagliabue, presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) e professore ordinario di Scienza dell’alimentazione all’Università di Pavia.
«Alla luce delle recenti evidenze scientifiche che riducono il ruolo del colesterolo dietetico sulla colesterolemia e sul rischio cardiovascolare, la Sinu ha rimosso il limite massimo di 300 mg di assunzione di colesterolo alimentare al giorno presente nella penultima edizione dei Larn (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti), lasciandolo solo nelle raccomandazioni per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. In soggetti con dislipidemia o diabete i risultati degli studi restano più controversi», spiega Tagliabue. «I Larn raccolgono i dati aggiornati dei fabbisogni di nutrienti per la popolazione sana e sono uno strumento rivolto agli esperti del settore, non sono raccomandazioni per la scelta degli alimenti che sono invece fornite dalle Linee Guida. Questo non significa che “il colesterolo non conti più” o che si possa mangiare tutto. L’attenzione si è spostata su grassi saturi e trans che restano i principali responsabili dell’aumento del colesterolo “cattivo” nel sangue». Inoltre, il numero di uova raccomandato varia con l’età. «Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nei bambini a partire dai 6 mesi si consigliano 2-3 uova a settimana, alternate ad altre fonti proteiche», conclude Pisciotta. «Un altro aspetto da considerare è il rischio di infezione da salmonella, se le uova vengono consumate crude o poco cotte: una precauzione importante soprattutto per i soggetti più fragili, come bambini, anziani e donne in gravidanza. Infine, negli anziani possono rappresentare una fonte di proteine di alta qualità, facili da consumare ed economiche, utili per contrastare la sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare legata all’età. Nel conteggio settimanale delle uova – e questo vale per tutti – vanno considerate sia quelle mangiate direttamente (per esempio sode, al tegamino, strapazzate), sia quelle contenute in alimenti trasformati: dolci, pasta all’uovo, panificati, maionese». «Le uova restano tra gli alimenti più presenti nella spesa degli italiani. Secondo il rapporto Avicoli e uova 2024 dell’Ismea, hanno registrato un indice di penetrazione del 94% negli acquisti domestici: significa che sono il prodotto proteico di origine animale più acquistato. Inoltre, nel 2023 ogni italiano ha consumato in media 215 uova mangiate direttamente e non come ingrediente, per un totale di oltre 13,6 chilogrammi pro capite all’anno. Ciò equivale a circa 4 uova a settimana, una quantità che rientra nelle indicazioni delle Linee Guida per una Sana Alimentazione del Crea (2018), secondo cui il consumo può arrivare fino a 2–4 uova settimanali per la popolazione sana.
«Una soglia tuttora valida che potrebbe essere aggiornata alla luce delle nuove evidenze, tenendo conto però non solo del rischio cardiovascolare, ma anche del rischio complessivo di malattia e mortalità», commenta la professoressa Tagliabue. corriere.it