Prendono a calci un cucciolo di riccio, usato come pallone in mezzo alla strada

Un cucciolo di riccio maltrattato dai bambini di un quartiere periferico di Bolzano è diventato il simbolo dell’educazione ambientale nel capoluogo altoatesino. A rendere nota l’emblematica vicenda a lieto fine è Vincenzo Mulè, direttore sanitario della Clinica veterinaria centro storico della città, che ha diffuso la storia di Johnny, come è stato battezzato il cucciolo di riccio maltrattato. Una storia che ha inizio lo scorso luglio nel rione Don Bosco di Bolzano dove il piccolo animaletto selvatico di appena qualche settimana è stato avvistato mentre veniva maltrattato da un gruppo di bambini che lo stavano utilizzando come pallone da calcio. Il tenero animale, preso a pedate e a calci nel tentativo ripetuto di fare gol, ha riportato conseguenze che si rimargineranno solo con il tempo e con le amorevoli cure del centro veterinario. «Qualcuno, infatti, ha fermato la barbarie di questi bambini recuperando Johnny e portandolo alla clinica di via dei Vanga, salvandolo e avviando il suo percorso di rinascita» rivela Mulè. Dopo essere stato recuperato in condizioni precarie, il piccolo riccio è stato accolto nella clinica dove ha ricevuto le cure necessarie e l’affetto di chi si impegna ogni giorno per il benessere degli animali selvatici. «Qui il cucciolo, che presentava una zona del dorso abrasa e senza aculei che ricresceranno con il tempo, ha trovato un luogo sicuro con cure mediche e assistenza costante», prosegue il direttore sanitario. Il dottor Stefano Capodanno, uno dei medici coinvolti, spiega che Johnny è cresciuto grazie a un regime di alimentazione assistita ogni quattro ore, anche di notte, fino al raggiungimento di un peso soddisfacente: questo ha garantito il suo recupero fisico, affiancato da cure per contrastare parassiti e malattie comuni in animali come i ricci. Intanto Alessio Leonardi, volontario del Crab, ha fornito una parte del suo giardino di Oltrisarco per ospitare un recinto in cui Johnny potrà riambientarsi gradualmente all’habitat selvatico. corriere.it