Più di 5mila anni, ecco bisnonno l’albero più vecchio del mondo

Sul nostro Pianeta c’è una creatura nata tremila anni prima di Cristo che ancora prospera, cresce e continua a invecchiare. Si chiama Gran Abuelo, il bisnonno, nom del plume di un cipresso della Patagonia che si candida a diventare non solo il più vecchio albero vivente ma anche il singolo individuo (vedremo poi il motivo di questa precisazione) più longevo della Terra. Situato nel Parque nacional Alerce Costero, circa 800 chilometri a sud di Santiago del Cile, il bisnonno vegetale (tecnicamente un Fitzroya cupressoides, specie molto vicina a sequoie giganti e sequoie di California, anche loro campioni di longevità) potrebbe avere più di 5.000 anni, probabilmente 5.484. Adesso si sta lavorando per avere una datazione precisa e se l’età sarà confermata questo albero del diametro di 4 metri potrà battere di netto l’attuale detentore del record, Matusalemme, una superstar della botanica. È infatti dal 1957 che questo Pinus longaeva (o Great Basin bristlecone pine, pino dai coni setolosi) dell’Inyo National Forest, in California, si fregia del titolo di singolo individuo più vecchio del pianeta. Ad oggi Matusalemme ha 4.854 anni e il Gran Abuelo potrebbe batterlo di un secolo. Ma cosa significa «singolo individuo»? Gran Abuelo e Matusalemme sono creature non clonali, ovvero singoli individui molto vecchi. Ma il nostro Pianeta conosce colonie clonali molto più vetuste di loro. Parliamo di quegli organismi che nascono da un singolo individuo e ne replicano costantemente il Dna facendo nascere altri individui identici ma connessi tra loro. Uno lo abbiamo incontrato su queste pagine: è Pando, un gigante costituito da 47mila pioppi tremuli americani (Populus tremuloides). Anche se i singoli esemplari sono giovani, Pando è da 14 mila anni che replica se stesso punteggiando la foresta nazionale di Fishlake in Utah, negli Stati Uniti. Età a parte, questo gigante su cui crescono funghi, licheni e perfino altri alberelli, può avere un ruolo fondamentale per la scienza. Era stato scoperto nel 1972 dal guardiaparco Anibal Henriquez che però non ha mai rivelato la sua posizione per evitare che diventasse un’attrazione turistica (cosa che poi è accaduta, oggi migliaia di persone fanno una passeggiata di un’ora per vederlo). Ed è stato proprio il nipote di Henrique, lo scienziato Jonathan Barichivich, che da ragazzino è cresciuto all’ombra del Gran Abuelo, ad accordarsi con il collega Antonio Lara per tentare una datazione precisa dell’albero. Un primo tentativo era stato effettuato nel 2020 usando il trapano manuale più lungo a disposizione (tecnica che permette di «leggere» i cerchi del tronco senza danneggiare il vengetale) ma non erano riusciti ad arrivare al centro dell’albero. Si erano «fermati» a 2.400 anni fama dei modelli computerizzati lasciano intuire che si possa andare molto più indietro nel tempo. Ora quindi si attendono i risultati dello studio e non mancano gli scettici. Sono infatti parecchi gli esperti di dendrocronologia, la misurazione dell’età di un albero dal conteggio degli anelli del tronco, a credere che, senza analizzare tutti gli anelli non si può avere una datazione precisa. Dedurre l’età tramite altri sistemi statistici o matematici, sostengono, non è altrettanto affidabile. E la posta in gioco, per così dire, è alta. Il record di longevità, in realtà, interessa poco alla scienza. L’aspetto fondamentale è un altro. Avere a disposizione un essere nato oltre 5.000 anni fa potrebbe fornire ai ricercatori informazioni importanti sui cambiamenti climatici e aiutarli a capire come l’albero è riuscito ad adattarsi ai numerosi mutamenti occorsi nel Pianeta negli ultimi cinque millenni. Basta pensare che il Bisnonno verde potrebbe essere nato quando gli umani stavano ancora inventando la scrittura per capire l’importanza di un gigante silenzioso che, grazie alla sua collocazione, una fenditura fresca e umida, si è salvato da incendi boschivi e taglialegna che nel corso degli anni hanno spazzato via molti suoi simili. corriere.it