La scuola non sa insegnare la matematica alle ragazze, Italia peggiore al mondo

Possibile? Possibile che le ragazze italiane non riescano a capire la matematica, mentre i loro compagni se la cavano molto meglio? Possibile. Non che il gender gap nelle materie scientifiche sia un fatto nuovo, né tanto meno una prerogativa solo nostra. Il pregiudizio culturale secondo cui le femmine sarebbero «meno portate» per i calcoli e per la soluzione dei problemi dei maschi è vecchio come il mondo, comincia da quando le bambine sono piccole ed è duro a morire. Ma mentre nella maggior parte degli altri Paesi il problema è stato preso di petto e se non risolto almeno ridotto in modo significativo, in Italia ai tanti proclami e progetti mirati per il recupero dello svantaggio delle ragazze nelle Stem (acronimo per scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) non hanno fatto seguito interventi di sistema in grado di modificare davvero le cose. Risultato: in nessun altro degli 81 sistemi scolastici censiti dall’ultima tornata di test Ocse-Pisa sulle competenze dei 15enni il divario di genere in matematica è così pronunciato:21 punti, l’equivalente di un anno di scuola. Record mondiale negativo per l’Italia: la media Ocse è di soli 9 punti di distacco tra maschi e femmine, ma ci sono anche 14 Paesi dove le ragazze battono i ragazzi. Mentre Le ragazze italiane non vanno particolarmente peggio dei loro compagni: nella fascia bassa, anzi, lo svantaggio è minimo. Il fatto però è che faticano ad eccellere, e anche quando vanno bene ottengono risultati molto meno brillanti dei «top performer» maschi (37 punti in meno). Non a caso il divario maschio-femmine è massimo (33 punti) proprio nelle regioni come la Lombardia dove gli studenti in generale se la cavano meglio. In parte può dipendere dal tipo di scuola scelta. Ma il punto è che già al momento della scelta delle superiori dopo le medie i giochi sono in gran parte già fatti. Come ha spiegato Laura Palmerio dell’Invalsi, in Italia il ritardo delle alunne in matematica si inizia a vedere già alle elementari, per poi amplificarsi alle medie ed esplodere alle superiori. E, quel che è peggio, invece di diminuire, sta aumentando: «Forse è anche per il modo in cui la matematica viene insegnata», commenta durante la presentazione dei dati di quest’ultima rilevazione internazionale, che arriva con un anno di ritardo a causa del Covid. Nel 2022 i test Ocse-Pisa hanno misurato le competenze dei quindicenni di 81 Paesi in lettura, matematica e scienze con prove al computer di due ore. Con un campione di 690.000 studenti monitorano le competenze i 29 milioni di studenti: in Italia sono stati testati 10.522 studenti.
In generale i risultati dei nostri studenti di seconda superiore in matematica sono in linea con la media dei Paesi Ocse: 471 punti contro 472. E’ la prima volta da quando l’Italia partecipa ai test: di solito stavamo nella fascia bassa. Una buona notizia che va però contestualizzata: non siamo tanto noi ad essere migliorati, quanto gli altri Paesi che sono peggiorati più di noi. O meglio, rispetto al crollo verticale registrato un po’ ovunque dopo il Covid, l’Italia fino al 2018, anno della penultima rilevazione, veniva da un lungo periodo di miglioramento costante dei risultati. Senza volerci confrontare con le tigri asiatiche che svettano ad altezze siderali (gli studenti di Singapore che sono i primi al mondo ottengono un punteggio medio di 575 punti), restiamo comunque distanti dai primi della classe europei: Estonia (510 punti), Paesi Bassi (493 punti), Inghilterra (489 punti). La Finlandia dei miracoli questa volta è retrocessa di ben 35 punti. Ma almeno abbiamo accorciato le distanze con Germania (475), Francia (474) e Spagna (473).
Resta il fatto che il 30 per cento dei ragazzi di seconda superiore non raggiunge nemmeno il livello minimo di competenze (la media Ocse è del 31 per cento). E comunque, anche fra chi riesce a strappare la sufficienza, ancora molti, troppi, si fermano al livello base (26 per cento contro una media Ocse del 23,3 per cento). Mentre rispetto agli altri Paesi della nostra stessa «fascia di reddito» matematica siamo a corto di studenti bravi e molto bravi, i cosiddetti «top performer»: da noi sono solo il 7 per cento contro il 9 per cento della media Ocse. corriere.it