Innamorato di Veroli, il preside Passeri racconta l’arte “Ripartire dalla cultura e da Gracilia”

a cura della Direttrice di Area C quotidiano

L’artista utilizza tonalità forti,provenienti da colori caldi e soprattutto da quelli primari:rosso, giallo, azzurro e verde, che abbagliato  e seducono il fruitore dell’opera. Questi non riesce a sfuggire al richiamo del dipinto, perché viene attratto dal loro splendore e dalla luce, generati da queste tinte omogenee e compatte. In modo particolare il giallo e il rosso eccitano l’occhio, che viene catturato, tanto che lo sguardo non può sottrarsi e fuggire, ma viene affascinato e poi invitato e quasi costretto ad ammirare ed immergersi nell’opera d’arte. Il giallo del gatto,in particolare la sua testa,in primo piano, è un faro acceso,che contrasta con i rossi della parete, del tavolo e dei pesci. Il dipinto stempera la sua luminosità con lo sfondo del prato verde, del tenue arancio della collina e il bianco delle chiome degli alberi. Questo attutire colore e lucentezza, in lontananza, non fa altro che porre maggiormente in risalto e accentuare le parti e le presenze, che sono sul davanti nella pittura. È l’incipit del commento di Roberto Passeri all’opera di Matisse “Gatto e Pesci Rossi”, l’ultimo pubblicato sul suo blog personale Facebook. Una pagina che il commentatore ha scelto di chiamare “Verolano”: già nel nome si percepisce forte il senso di appartenenza alla sua terra, la bella e millenaria Veroli, una città dalla storia lunga e importante.
Una pagina, quella del “Verolano”, su cui Passeri, classe 1947, due volte consigliere comunale a Veroli negli anni Settanta, preside per 21 anni in Ciociaria, già presidente dei Presidi della provincia di Frosinone, si appassiona nella descrizione e nel commento delle più belle opere della pittura mondiale.
Dalla “Vucciria” di Guttuso alla “Donna in una giacca verde” di Macke, da “Strada di Hahiti” di Gaugin a “Le mogli dei pescatori” di Sorolla, la pagina è un’opera d’arte a sua volta, con suggestioni di ogni sorta e commenti che a tratti sembrano poesie.
Passeri non è un nome nuovo nella redazione del nostro quotidiano: Area C ha pubblicato suoi editoriali facendo informazione ma soprattutto agganciando la passione per il bello, per l’arte in una delle sue forme più espressive, per le linee e i colori, per il fascino che ogni opera pittorica contiene in sé e trasmette a chi ne fruisce.
Da questo suggerire incanti e riflessioni, da questo stimolare l’attenzione per i dettagli di ogni opera nasce la voglia di conoscerlo meglio, di scambiare con lui due chiacchiere. Ecco perché Roberto Passeri oggi è qui con noi, nella nostra redazione, ad ascoltare le nostre curiosità e a “dipingere” per noi i suoi sentimenti e le sue passioni su queste pagine virtuali.

Quando e come nasce la sua passione per la pittura e la voglia di narrarne le suggestioni?
«La passione per la pittura risale a tanti anni fa; quando ricercavo il lato estetico di tutto ciò che esercitava su di me un certo fascino. In primis l’ideale del bello  si è alimentato mentre vedevo i miei genitori, artigiani, realizzare le loro creazioni, che ammiravo per la bellezza del colore e delle forme. Ho lavorato molto con gli occhi, che scrutavano, affondavano lo sguardo nelle proporzioni, nei contrasti di luminosità di oggetti e realtà concrete, nella sostanza, ma anche nella loro apparenza esteriore. Davo sempre più importanza alla osservazione, a ciò che mi poteva restare nelle memoria fotografica che non alle storie e alle spiegazioni. Questo senso estetico, che si stava affinando, si è trasferito gradualmente ad opere di pittura, famose e non, che ho studiato e conosciuto a scuola, presenti nelle chiese di Veroli, in mostre di artisti del luogo. L’interesse è cresciuto e sono andato oltre i confini del mio ambiente; ho visitato qualche galleria famosa, esposizioni e mostre di pittura in Italia e in Europa. È arrivato il momento, ho pensato, di portare alla luce quel bagaglio artistico, di cui mi ero nutrito. Oggi sto verificando quanto la percezione il sentire estetico, e perché no, lo sconvolgimento interiore che avevo immagazzinato, riuscivano a venir fuori con le mie riflessioni, sviluppate in concetti personali e tradotte in parole».

Cos’è per lei l’arte, cos’è l’artista, cos’è l’opera?
«L’arte è qualsiasi attività che l’uomo genera e concretizza con la sua forza inventiva e immaginativa, guidata da emozioni,sentimenti, istinti, movimenti e turbamenti della psiche, da esperienze, pensieri e riflessioni. L’artista è colui che possiede varie capacità espressive per rappresentare determinate opere, servendosi di modalità e tecniche individuali e originali. Egli intende raggiungere un risultato, che presenti significati, verità e bellezza, partendo da un progetto da realizzare per coronare aspettative e idee, che le sue facoltà intellettive e i caratteri della sua vita interiore lo spronato e spingono per venire alla luce».

Che tipo di legame avverte nei confronti delle opere che commenta?
«È un tipo di legame un po’ affettivo e sentimentale, poiché l’opera d’arte mi trascina nella sua spirale, mi coinvolge e mi propone messaggi e chiarimenti, che io  assimilo e metabolizzo. Essa, poi, diventa parte integrante della mia osservazione, e, nel commento, mi fa avvicinare all’idea e al progetto dell’autore, che, in quel momento, sento vicino come persona amica e confidente».

Quale artista e quale opera sente più vicina alla sua personalità?
«Non un artista, in particolare, ma i pittori che hanno valorizzato il colore, la luminosità, linee e forme diverse attraverso i periodi storici, alla ricerca di nuove strade. Sono attratto anche da figure e immagini dell’arte concettuale, contemporanea, che offre allo spettatore la possibilità di riflettere, stimolare e formulare idee, lavorare con l’immaginazione davanti ad un dipinto, anche se i punti di arrivo non coincidono con quelli dell’autore dell’opera, che utilizza tecniche e linguaggi pittorici molto particolari».

Quale epoca, secondo lei, rappresenta meglio la fede cristiana nella pittura? Quale la natura? Quale essere umano e i suoi tormenti?
«La Crocifissione di Gesù Cristo, l’Annunciazione della nascita di Gesù, i Martirii dei Santi, le Estasi di pie donne, e altre situazioni e avvenimenti collegati alla storia sacra della religione cattolica sono presenti in maniera rilevante e significativa soprattutto nel XVI e XVII secolo. Queste rappresentazioni sono da collegare prevalentemente alla Controriforma; quando la Chiesa spingeva i suoi pittori, ma anche gli altri non influenzati da essa direttamente, a dipingere scene di vita sacra per combattere la Riforma Protestante. Cercava di suscitare interesse e approvazione, e, inoltre, di commuovere, convincere e conquistare l’approvazione e la fede dei cristiani dubbiosi».

Quali stati d’animo le suggeriscono le opere di cui sceglie di parlare?
«Queste opere generano in me un effetto di trascinamento interiore: intellettivo, emozionale, sentimentale, che l’espressività cromatica e delle forme mi coinvolge totalmente. Esse catturano attenzione e interesse per le loro proposte artistiche che, mi appassionano e mi attraggono a livello concettuale ed estetico».

C’è un’epoca, uno stile, una scuola che non le piace?
«Epoche, stili, scuole sono tutte condivisibili in rapporto alla concezione estetica, che si evolve, con motivazioni e giustificazioni espressivo-pittoriche, sperimentazioni di strade nuove e di linguaggi artistici collegati a problemi ambientali, fisici, ottici, filosofici, esistenziale, di costume sociale e politico».

Come concilia la sua passione per la pittura con la sua storia personale?
«La ricerca del bello in pittura è andata sempre in parallelo con la mia vita: escursioni in montagna o viaggi in mare, o ricerca di antiquariato, o pratica di sport o interesse per il canto e il ballo. In me è stato sempre presente tutto ciò che, osservando o vivendo direttamente, poteva trasmettere e farmi vivere  situazioni o rapporti, non solo di divertimento, ma di vissuto artistico, con cui potevo riempire la mia vita interiore di bellezza, amenità, armonia, realtà fantastiche e immaginarie piacevoli. E nella pittura ritrovo quelle emozioni, fascino, eccitazioni e turbamenti, che ho trovato nel mio percorso di vita in natura e nella vita sociale, segnato da momenti e contesti importanti dal punto di vista estetico, e, anche, in rapporto ad armonie, grazia, proporzioni, eleganza».

Quanto è importante, per lei, la sua Veroli e la Ciociaria in generale?
«Veroli è il paese dove sono nato e vivo; non posso non amarlo. È importante dal punto di visto affettivo, familiare e sociale; però lo vorrei vedere risorgere dall’appiattimento e dalla regressione sociale, in cui sta sprofondando, in particolare il centro storico. Avendo vissuto, in passato, esperienze più esaltanti, interessanti ed entusiasmanti in questo comune, rimpiango spesso i tempi trascorsi, quando la città era vissuta con più partecipazione, con relazioni propositive e fattive, e in maniera più vivace e dinamica. Poiché il centro storico si è spopolato, ed è, quindi, privo di presenze e di animazione, le attività di qualsiasi tipo sono in sofferenza. Il paese ha bisogno di una grande svolta, seri progetti di sviluppo e di crescita, creati da nuclei di studio, formati da persone preparate, indipendentemente dal colore politico, per generare idee e proposte vincenti e di effettivo cambiamento. Il discorso per Veroli vale per tanti comuni della nostra provincia, nella quale mi riconosco dal punto di vista formativo e culturale. E per questo spero e mi auguro che essa abbia importanti e significativi sviluppi ed evoluzioni per offrire un volto più aderente alla società odierna. Essa dovrà essere ricostruita ed elevata sulla base della tradizione e del carattere ciociaro, tollerante e operoso, ricco di energie e voglia di vivere e di migliorarsi per una vita dignitosa, adeguata e decorosa, proiettata verso il futuro».

Veroli può raccontare tante storie, ma lei punta su una donna: Gracilia. Cosa significa questo personaggio per un verolano?
«Gracilia (o Gratilla) non è un personaggio leggendario o di fantasia, ma una donna verolana, guerriera, storicamente esistita, come hanno ricordato nelle loro Storie due eminenti storici: Tacito e Plinio il Vecchio. Lei si è distinta nella difesa romana del Campidoglio, lottando contro la tirannide, respingendo l’attacco di chi voleva impadronirsi di Roma. Rappresenta l’orgoglio e il coraggio di una donna, che fa onore al mondo femminile e al suo paese di appartenenza. Esso va fiero di lei così decisa, audace, autonoma e libera nelle sue scelte di vita, quando la società ancora era guidata e governata dall’uomo, che, solo, aveva risalto nelle diverse attività umane».

Lei, proprio da queste pagine, ha lanciato un’idea e si è rivolto all’amministrazione Comunale della città di Veroli: una statua in piazza per Gracilia e una data, l’8 marzo, per ricordarne il coraggio e la determinazione. Ha avuto,poi,contatti in merito?
«Ho avuto contatti con il sindaco di Veroli, avanzando la proposta di onorare questa illustre cittadina con una statua da collocare in piazza o all’interno della casa comunale, intitolandole una sala. Il primo cittadino considera fattibile questa iniziativa, anche come percorso culturale da sviluppare nel centro storico e nei palazzi del comune, entrando in contatto con le  testimonianze materiali, visibili ed esposte, e con i beni culturali, a disposizione dei visitatori. Sarebbe un fatto e un riconoscimento pubblico qualificante, conveniente, appropriato e opportuno dedicare l’8 marzo, festa della donna, a Gracilia, per ricordare questa gloriosa cittadina. E tutta l’operazione potrebbe offrire prestigio, risonanza e benefici dal punto di vista turistico-culturale».

Quanto è attuale un personaggio come Gracilia in un’epoca come la nostra, in cui le donne – nonostante il superamento di tanti pregiudizi- faticano comunque a rappresentare se stesse appieno, a prescindere dal genere?
«Gracilia rappresenta uno sprone e una spinta al riconoscimento delle caratteristiche e del valore della figura femminile in genere, anche in altri ambiti. Ma la donna, a Veroli, si è fatta sempre valere e si è distinta nel mondo del lavoro, come se nel suo DNA, da lungo tempo, fossero presenti queste qualità, peculiarità e caratteri distintivi di donna efficiente e operosa. Lei è stata sempre attiva per necessità, ma anche per rivendicare abilità e capacità proprie, e, non ultimo, spazi di autonomia e libertà. Ero piccolo, ma ricordo chiaramente che nel mio rione: S. Paolo-S. Croce, le donne non solo si dedicavano ai figli, ma trovavano il tempo per portare avanti un lavoro, al fine di guadagnare e aiutare la famiglia. Tutte sapevano impagliare le sedie, che i sediari, allora numerosi, creavano nelle loro botteghe; si dedicavano alle molteplici attività artigianali; nessuna oziava  o trascorreva il tempo senza fare niente. Le donne lavoravano i campi a tempo pieno; andavano insieme con i mariti a tagliare i boschi e produrre carbone e rivenderlo  per uso domestico. Loro si recavano a Roma o in altre città vicine, in qualità di  balie, per assistere e allattare i bambini-neonati. La figura guerriera di Gracilia, decisa, autonoma e intraprendente trova un bel riscontro in tutti questi comportamenti femminili, che hanno dato dignità, lustro e prestigio alla donna verolana».