Gentile, in ricordo del filosofo assassinato dai comunisti “Tra i più autorevoli del ‘900”

“Giovanni Gentile è stato riconosciuto da autorevoli studiosi uno tra i più importanti filosofi europei del Novecento, insieme a Benedetto Croce”. Lo ha detto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, visitando oggi la mostra ‘Scendere per strada. Giovanni Gentile tra cultura, istituzioni e politica’ che aprirà al pubblico domani a Roma all’Istituto Centrale per la Grafica in via Poli al civico 54.
Il 15 aprile 1944 due finti studenti con i libri sotto il braccio per nascondere le armi si avvicinarono al finestrino dell’automobile che si era appena fermata. L’autista era andato ad aprire il cancello. Un uomo dalla stazza massiccia abbassò il vetro. Si sentì chiedere: “È il professor Gentile?” Rispose di sì. I due “studenti” all’istante gli scaricarono in corpo colpi di rivoltella. Inforcate le biciclette, si dileguarono con la copertura di complici.
Due settimane prima, il 30 marzo 1944, Giovanni Gentile aveva ricevuto una cartolina anonima con minacce di morte: in quanto esponente del neofascismo repubblicano era considerato responsabile della fucilazione di cinque giovani renitenti alla leva rastrellati a Vicchio di Mugello, fucilati il 22 marzo nei pressi della Torre di Maratona dello stadio fiorentino ‘Giovanni Berta’.
Insediatosi a Firenze a gennaio come presidente della Reale Accademia d’Italia e per dirigere la prestigiosa rivista di lettere, scienze e arti Nuova Antologia, Giovanni Gentile venne freddato da un commando di gappisti comunisti il 15 aprile 1944 all’ingresso di villa di Montalto, in via del Salviatino, alle pendici di Fiesole. Trasportato all’ospedale di Careggi, per lui non ci fu niente da fare. Il 18 aprile le sue spoglie vennero tumulate nella basilica di Santa Croce “tempio dell’itale glorie” cantata dal Foscolo. Erano finiti così i giorni e le opere di Giovanni Gentile, filosofo neoidealista e politico nato a Castelvetrano (Trapani) il 30 maggio 1875. Per anni sodale del “pontefice massimo” del pensiero liberale Benedetto Croce, Gentile era stato figura preminente del Ventennio: da ministro della Pubblica istruzione nel 1923 aveva varato una riforma organica del sistema scolastico. Il 21 aprile 1925, Natale di Roma, era stato pubblicato il Manifesto degli intellettuali fascisti redatto da Gentile e sottoscritto da 250 firmatari. Il 1° maggio, fino all’anno precedente Festa dei Lavoratori, 40 firmatari avevano invece aderito al Manifesto degli intellettuali antifascisti scritto da Croce.
Il 24 giugno 1943, con la guerra al fianco di Hitler che volgeva ormai alla disfatta, su invito del nuovo segretario del partito fascista Carlo Scorza, Gentile in Campidoglio aveva tenuto il ‘Discorso agli italiani’: esortazione patriottica all’unità nazionale. Lo stesso invito era stato rivolto a tutti i più alti ‘papaveri’ del Littorio, ma la gran parte era rimasta silente.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva poi spezzato l’Italia in due, gettandola nel bagno di sangue della guerra civile. Tre mesi prima dell’assassinio di Gentile, l’11 gennaio 1944, il Tribunale Speciale della Repubblica sociale italiana, a Verona, aveva condannato a morte Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini, e con lui altri quattro imputati di alto tradimento. Non si erano fatti sconti a nessuno.
E il 23 marzo, a Roma, gappisti comunisti avevano messo a segno l’attentato di via Rasella in cui persero la vita 33 soldati tedeschi e due civili. La rappresaglia tedesca era stata spietata: il giorno successivo erano stati trucidati alle Fosse Ardeatine 335 tra civili e militari italiani, prigionieri politici, detenuti comuni ed ebrei. La caccia ai responsabili dell’omicidio Gentile in estate portò a identificare in Bruno Fanciullacci, Elio Chianesi e alcuni complici gli esecutori materiali. Come mandanti vennero additati alcuni docenti universitari, in particolare il latinista catanese Concetto Marchesi. Ma nella rissosa cerchia fascista fiorentina si mormorò che il delitto fosse stato compiuto da squadristi. I sospetti si appuntarono anche su Mario Carità, ufficiale a capo di un brutale reparto di ‘servizi speciali’. Prove a conferma di tali ‘voci’ non sono mai emerse.

Redazione Digital