Eruzione del Vesuvio non imminente, ecco le previsioni degli esperti

Quanto è prossima un’eruzione violenta del Vesuvio, simile a quella del 79 d. C. che distrusse Pompei ed Ercolano? A questa domanda, che tiene in apprensione i circa 3 milioni di abitanti che vivono intorno al vulcano, hanno cercato di dare una risposta un gruppo di scienziati dell’Istituto politecnico federale di Zurigo (Eth) in uno studio al quale hanno preso parte anche due ricercatori italiani. «Abbiamo analizzato i granati magmatici», spiega Francesca Forni, ricercatrice del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano. «Sono cristalli che si formano in profondità all’interno delle camere magmatiche. Abbiamo studiato la composizione e l’età di questi minerali in relazione alle principali eruzioni del Vesuvio degli ultimi 9 mila anni». I granati forniscono informazioni importanti sui meccanismi e i tempi di stoccaggio e accumulo dei magmi prima di un’eruzione. 

Lo studio non è una previsione esatta di quando avverrà la prossima eruzione del Vesuvio, che è il vulcano più monitorato d’Europa – se non del mondo – grazie a una rete di sensori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dell’Osservatorio vesuviano. «Questi studi aiutano a riconoscere modalità similari nelle eruzioni precedenti», prosegue Forni, «che possono dare indicazioni sui segnali nel caso di ripresa dell’attività vulcanica». I granati si sono formati da magmi fonolitici, una tipologia di magmi potenzialmente molto esplosivi tipici del Vesuvio. Grazie al contenuto in traccia di uranio nei granati, si è potuto datare l’età di formazione dei minerali. «Abbiamo visto che la cristallizzazione dei granati nel magma precedeva da mille a 5 mila anni le eruzioni più potenti», specifica Roberto Sulpizio, professore del dipartimento di Scienze della Terra e ambientali dell’Università di Bari, affiliato al Cnr ed esperto di Vesuvio.

Gli scienziati hanno visto che le migliaia di anni di accumulo del magma fonolitico nella camera magmatica e la formazione dei granati corrispondono ai periodi di quiescenza, cioè di riposo, del vulcano. L’accumulo impedisce la risalita di altri tipi di magmi, tipici invece delle eruzioni più piccole del Vesuvio come quelle avvenute nel 1944, nel 1906 (la più forte del secolo scorso) più altre nell’Ottocento e nel 1631. «Considerando l’ultima grande eruzione simile a quella di Pompei, che avvenne nel 472 d. C., ci troviamo quindi in un intervallo in cui un’eruzione distruttiva non è imminente, ma nemmeno lontana nel futuro», avverte Sulpizio. «Ciò non significa che non possano avvenire eruzioni più piccole e intermedie, come quella registrata durante la seconda guerra mondiale. I dati a nostra disposizione indicano che a circa 8 chilometri di profondità si sta accumulando magma. Bisogna continuare a monitorare con attenzione la situazione e i movimenti del vulcano. Al momento, occorre dirlo con forza per non creare allarmismi, non c’è alcun segnale di spostamento di magma verso la superficie». corriere.it