Caffè a 60 centesimi, barista non aumenta il prezzo “È lo stesso da molto tempo”
Nel decalogo dell’italiano perfetto c’è un qualcosa che non può mai mancare: il caffè. Che sia al ghiaccio, macchiato o “integralista”, è difficile rinunciare a quella tazzina. Eppure, negli ultimi mesi i consumatori si ritrovano a fare i conti con i rialzi che si fanno sentire anche in questo settore.
In Puglia, nonostante tutto, è ancora possibile trovare l’ultimo avamposto del caffè “low-cost”: Bitonto. Nella maggior parte dei locali del paese in provincia di Bari, infatti, il caffè non supera l’euro a tazzina. Si va dai 60 ai 90 centesimi. Il segreto? Per molti, la quantità. «Per noi il caffè è il prodotto di punta, e la mole di lavoro ci permette di tenere il prezzo a 70 centesimi —spiegano da L’Altro Caffè — la nostra è una sede storica, di conseguenza anche il costo non è mai variato di molto.
Ci siamo sempre mantenuti sui 50/60 centesimi, dopo il covid abbiamo aumentato di dieci centesimi. Nulla di esagerato né per le nostre tasche né per quelle del cliente». Secondo loro, infatti, il prezzo sarebbe frutto del mercato con cui gli imprenditori si interfacciano: « I clienti sono abituati a questo, poi l’utenza media qui da noi prende in media due/tre caffè al giorno, quindi alzare il prezzo farebbe la differenza. Siamo più economici su questo aspetto, per permettere a tutti di poter fare colazione a un euro e cinquanta.
A fine mese ci si ritrova con i conti, ma quel prezzo è un rito da dover conservare, serve per tenere alto l’umore». Anche Caffè Italiano ha deciso di tenere un prezzo “popolare” per i suoi espressi: «I nostri clienti sono contenti di questa decisione. Il caffè è il nostro fiore all’occhiello e sono felici di poterlo gustare ancora a 60 centesimi, e spesso abbinano anche cornetti, biscottini». I gestori, quindi, riescono a rientrare nelle spese anche grazie al fatto che i clienti si recano più volte nell’arco della giornata da loro. «Vengono a fare colazione e poi tornano dopo pranzo per un altro caffè. È un sacrificio per noi, ma i più affezionati sanno che da noi possono trovare ancora questi prezzi», aggiungono.
Spostandosi nel capoluogo, invece, i prezzi salgono: nell’arco di tre anni il costo di un espresso è aumentato del 24%, il secondo rialzo maggiore in tutta l’Italia.
A Bari, infatti, il costo medio ammonta a 1,20 euro. In molti hanno deciso di modificare il listino prezzi, adeguando il prezzo del singolo espresso alle crescite generali nel mondo caffè, ma secondo Mino Dalonzo, titolare di jérôme Café quella singola tazzina racchiude molto altro.
«Noi siamo riusciti a non adeguarci ai rincari, e per tutto il 2024 garantiamo sempre il solito prezzo: 1,10 euro. C’è della speculazione, perché c’è un rialzo in tutto quanto: sistemi, costi dei contributi del personale, tasse. In quella singola tazzina c’è un aumento in generale, ma si parla solo del prezzo del caffè. E così molti gestori fanno pagare un caffè anche 1,50 euro». Pur essendo difficile dire di no a un rito così radicato nel Dna italiano, in molti stanno cominciando a rinunciarci.
Secondo Dario Durso, referente Codacons, «non solo è aumentato il prezzo del caffè consumato al bar, ma anche il servizio al tavolo e in generale tutto il mondo beverage. È un dato importante, ma riguarda solo una fetta di consumatori, perché si tratta di un’abitudine tutta italiana, soprattutto qui al Sud». Un caffè in meno al bar, quindi, sembra la soluzione più adatta: «Ammesso che lo prendano — sottolinea Durso — visto che si tratta di una consuetudine che non riguarda tutti. Certo, quel momento di relax e convivialità piace, e anche parecchio, ma purtroppo riguarda solo una porzione di popolazione», conclude. corriere.it