Veroli, nuova Galleria messaggio di speranza Crystal ravviva il centro storico

di Vincenzo Ruggiero Perrino

Con l’inaugurazione della doppia personale di Paolo Gaetani e Roberta Fanfarillo, che rimarrà aperta al pubblico fino a Ferragosto, si è conclusa la prima stagione di mostre d’arte della neonata “Galleria Crystal” di Veroli. 

Il cartellone, dal titolo complessivo Psycroma, aveva preso il via lo scorso 8 maggio con la collettiva Daimon, che è stato probabilmente l’appuntamento più interessante di tutti, dal momento che ha riunito le opere di quattro giovani studenti dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone (Benedetta Dell’Uomo, Chiara Di Pofi, Rachele Quattrociocchi e Giorgio Salemme), ciascuno fattosi interprete di quel δαίμων inquieto e inesauribile, attraverso un proprio stile e un proprio strumento espressivo (dalle stampe monotipo alle acqueforti, dagli oli agli acquerelli).

Poi, a scadenze bisettimanali si sono avvicendate altre quattro accoppiate artistiche: Alessio Marri e Gert Rautenbach con Segno e colore (densamente cromatico il primo; atticamente essenziale l’altro); Giulia Apice e Simone Scotti con Fluximus (debordante e stratificati i lavori della prima; colti come in una fluida sospensione quelli del secondo); Fabiana Calicchia e Claudia Sigismondi con Di luci, di forme, di corpi (cupamente introspettivi gli esiti della ricerca della prima; di morbida sensualità i corpi proposti dalla seconda); Paolo Gaetani e Roberta Fanfarillo con Realtà riflesse (entrambi indagatori di forme e colori, con l’uso di una luce che vivifica ogni linea e ogni tratto).

Una riflessione su questa esperienza estiva non può prescindere dal plauso per l’iniziativa di aprire un nuovo spazio di condivisione artistica, che è senza dubbio coraggiosa, in un periodo drasticamente chiuso ad ogni sussulto culturale, come quello che viviamo oggi (ovviamente la pandemia non ha fatto altro che fare da cassa di amplificazione ad un disastro che va perpetrandosi da decenni).

In secondo luogo, la scelta di proporre una scaletta di appuntamenti, nella quale si confrontassero le ricerche di artisti con maggiore esperienza e quelle di giovani studenti, ci trova sicuramente consenzienti. Del resto, soltanto attraverso un dialettico scambio di prospettive artistiche e delle soluzioni tecniche, che può esserci una vera crescita: la qual cosa vale tanto per i giovani, quanto per i meno giovani.

Tuttavia, non del tutto scongiurato è stato il principale problema dell’arte contemporanea (ma, mutatis mutandis la cosa vale per ogni aspetto delle opere intellettuali), e cioè la sua fruizione complessiva da parte dello spettatore medio. 

Generalmente, di fronte ad un’opera d’arte ci sono due atteggiamenti. Vi è chi, atteggiandosi a fine e profondo conoscitore dell’arte contemporanea, loda opere e artisti, che in realtà gli sono più noti che conosciuti, tendendo di fatto a sopravvalutare un’opera, dandone un’interpretazione che va ben al di là non solo dei suoi effettivi meriti artistici, ma a volte anche delle reali intenzioni dell’artista stesso. Oppure si cade nell’eccesso opposto, svalutandola come un qualcosa che chiunque sarebbe stato in grado di fare, probabilmente anche riproducendo un soggetto con maggiore verosimiglianza.

Questo fraintendimento non è imputabile né a chi guarda l’opera (sprovvisto com’è delle opportune conoscenze, delle informazioni, e di un serio metodo critico), né a chi dell’opera è autore. I veri colpevoli del diffuso senso di “incomprensione” che oggi c’è nei riguardi dell’arte sono i critici (o sedicenti tali), ovvero quella categoria che dovrebbe fare da cuscinetto a sfera tra gli artisti e i fruitori.

Il più delle volte costoro, presentando una mostra, si perdono in giri di paroloni complicati, frasi arzigogolate, tentativi di ascrivere l’artista a questo o quel gruppo o corrente, che in realtà rendono ancor più difficoltosa la comprensione di un’opera d’arte moderna, specie quando essa è priva di qualsivoglia figurazione immediatamente riconoscibile. Non riescono nemmeno a partire dalla più banale considerazione, e cioè che ogni artista dipinge, scolpisce o installa in maniera diversa da tutti gli altri, e che il suo lavoro andrebbe valutato innanzitutto sotto un profilo tecnico. 

Essendo mancata questa dimensione “educativa”, l’augurio per la prossima stagione della “Galleria Crystal” è che accanto agli artisti possano essere coinvolti anche critici che facciano da guide e da punti di riferimento per un’esperienza più completa e di autentica crescita culturale.