Veroli, la città raccontata da San Leucio a Santa Croce

Dalla parte più alta di Veroli inizia il mio cammino. Il panorama è mozzafiato, davanti agli occhi quasi tutta la Ciociaria che si estende nella valle del Sacco. Subito la chiesa di San Leucio. E’ la chiesa più antica di Veroli, del 1079 d.C., è bella, minuta, umile ma nobile. Entro. Mi copre la testa un tetto a capriate, osservo le pareti, sono impreziosite da resti d’affreschi antichi. Esco, proseguo per il vicolo, mi guardo attorno e ad ogni angolo trovo un particolare che mi incanta: un arco, una porta, un balcone. Arrivo presso la chiesa di San Michele Arcangelo, si staglia imponentemente sul mio lato destro. La osservo, mi stupisce con il suo pronao a quattro colonne doriche; mi sembra strano e sorprendente vederla lì, con la sua facciata neoclassica e uno stile diverso da tutta Veroli, come se giocasse a fare il tempio greco. Continuo il mio percorso e davanti ho la chiesa di Sant’Erasmo. I miei occhi osservano stupefatti il portico romanico, ci sono simboli misteriosi ovunque, le arcate sono finemente lavorate. Salgo le scale, in fondo al portico c’è un affresco, sembra una statua ma non lo è. L’immagine che vedo è stata affrescata con la tecnica del trompe l’oeil e raffigura una madonna che schiaccia un serpente. Scendo in via Giovanni Sulpicio, voglio arrivare a Sant’Agostino. All’esterno non è appariscente, entrando si percepisce qualcosa di completamente diverso da quello che gli occhi hanno visto finora, ma non per questo la chiesa pecca di minor bellezza.

Esco e poco più giù a sinistra piazza Mazzoli e la cattedrale di Sant’Andrea a destra. Il Duomo di Veroli, con la sua facciata dall’aspetto settecentesco, domina incontrastato la piazza. Sto per varcare la porta principale, osservo il rosone gotico, un gioiello incastonato nella facciata. Le tre navate e i dipinti presenti si esprimono in tutta la loro bellezza tardo seicentesca. Esco dal lato sinistro, passo affianco al campanile medievale della cattedrale, attraverso piazza Palestrina e giungo in piazza Santa Maria Salome, dove sorge l’omonima chiesa. Qui ci sono i resti della santa patrona di Veroli, pervenuti in quella che ora è la cripta sotterranea della basilica. La chiesa è a tre navate e subito colpisce il quadro nell’abside centrale, raffigurante Santa Maria Salome con gli apostoli Giovanni e Giacomo. Distolgo lo sguardo dall’opera del Cavalier d’Arpino, osservo le reliquie poste al di sotto dell’altare recandomi verso la Scala Santa.

Continuo e i vicoli cominciano a mutare il loro aspetto, sembra di essere a bordo di una macchina del tempo. Trovo la chiesa di San Paolo, la sua facciata non è di enormi dimensioni ma spicca in modo smisurato, tanto da fermare i miei passi. Un rosone si staglia al centro della facciata, divisa da paraste che terminano con capitelli ionici su cui poggia un interessante frontone. Al suo interno lo stile è settecentesco. Scendo ancora e mi trovo immersa nel medioevo. I vicoli esprimono il loro carattere con bifore, trifore, archi a sesto acuto e ribassati. Scorgo tinelli fumanti, sento gli odori e vedo i costumi di una volta. Giungo a Santa Croce, da una parte la porta a difesa della città dall’altra la chiesa con le sue bifore sulla facciata. Il mio cammino termina qui con il cuore e gli occhi colmi di emozioni, come fosse la prima volta a Veroli.

Martina Magnante