Veroli, capelli biondi e animo puro ecco come Maria Fortunata entra nel monastero di clausura

di Immacolata Scaccia

Centosettanta anni fa, entrava nel monastero di Santa Maria dei Franconi Anna Felice Viti, la futura beata Maria Fortunata, per poter realizzare il desiderio di ricercare il volto di Dio e santificare la sua vita. Primo giorno di primavera e festa di san Benedetto. Alla ruota del monastero di Santa Maria dei Franconi bussò una ragazza. La monaca portinaia dopo il suo «Deo Gratias» sentì una delicata voce che le dichiarava il nome: «Sono Felicetta».

Qualche minuto di attesa e poi il portone della clausura si spalancò. La madre abadessa e un coro di religiose, chi con il velo nero e chi con quello bianco, accolsero Anna Felice Viti, che stava per dare inizio alla sua vita religiosa.

Si presentava alla vista di chi l’accoglieva con un personale slanciato, capelli biondi e leggermente increspati, occhi celesti e limpidi dai quali traspariva la purezza dell’animo e con i suoi 24 anni compiuti da poco, essendo nata il 10 febbraio 1827.

La scelta della vita religiosa, dunque, era stata ben maturata e ponderata.

Prima che si chiudessero le porte del claustro Felicetta rivolse ancora un pensiero al mondo, che stava per abbandonare: agli otto fratelli e sorelle che aveva accudito fin dall’età di quattordici anni quando prese il governo della casa dopo l’improvvisa morte della madre, Anna Bono, appena trentaseienne; al padre Luigi, verso il quale portava un profondo rispetto, pur avendo dissipato il patrimonio; alla famiglia Mobìli di Monte San Giovanni Campano presso la quale, per tre anni, aveva svolto servizio per dare sostentamento ai propri cari; al rifiuto della richiesta di matrimonio avanzata da un facoltoso giovane di Alatri che avrebbe potuto renderla felice come sposa e madre.

Questi pensieri, che balenarono nella sua mente per uno breve spazio di tempo, lasciarono lo spazio alle ragioni della scelta che aveva maturato, alla meta che si era prefissata: cercare il solo volto di Dio e santificare la sua vita.

Che portava, Felicetta, con sé? Certamente la dote che aveva preparato con i suoi pochi risparmi e che, in quei tempi, era necessaria per entrare in monastero. Ma aggiunse ben altro: la sua bellezza, la sua bontà e la sua purezza di cuore. E non era cosa da poco conto!

Superato l’ingresso del claustro la giovane si inginocchiò e baciò il luogo scelto per vivere in pienezza la sua aspirazione alla santità. Rialzata ricevette l’abbraccio di pace e di accoglienza da parte della madre abbadessa e delle “nuove sorelle”.

Il portone della clausura si chiuse subito dopo, mentre fuori le rondini continuavano a intrecciare voli, ebbre di gioia. L’ingresso di Felicetta, la futura beata Maria Fortunata Viti, aveva portato in monastero una ventata di primaverile santità.