Veroli, affresco dedicato a Napoleone nel palazzo abitato dal poeta Gioachino Belli

di Alfredo Gabriele

In Veroli, entrando da Porta Romana e prendendo subito dopo la strada di via Garibaldi in salita, oltrepassata la chiesa abbaziale di S. Erasmo, si osserva sulla sinistra la massiccia mole di un edificio: è il quattrocentesco palazzo Jacoucci. Era stato l’edificio di abitazione di una famiglia tra le più antiche e nobili della città di Veroli, da cui aveva preso il nome. L’antico palazzo fu venduto e subì lavori di ristrutturazione internamente, dopo la seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso, a seguito dei quali un antico salone di mq 60 fu diviso in due stanze. Questi sconsiderati interventi causarono la distruzione dei fregi a chiaroscuro e degli affreschi con cui era decorato l’intero salone, realizzati nel periodo napoleonico ed in particolare di un affresco centrale del soffitto, raffigurante Marte che, nel consesso degli dei dell’Olimpo, presentava l’Imperatore Napoleone a Giove. Questo dipinto venne tagliato in due dalla costruzione del nuovo muro divisorio in occasione degli ultimi e citati lavori.

Quest’opera pittorica di un certo Della Valle, era stata voluta dal già noto discendente della famiglia, Giuseppe Jacoucci, vissuto nella prima metà dell’Ottocento, avvocato e giurista, fervente giacobino negli anni della Prima Repubblica Romana e della Dominazione napoleonica a Roma. Egli nella Capitale in gioventù era stato Alto Pretore e Presidente del Dipartimento del Circeo nonché membro della società degli Emuli di Bruto. Le sue azioni erano apparse anche in un settimanale dell’epoca: vi leggiamo della secolarizzazione delle Religiose, da lui realizzata a Roma in quel periodo, che non fu allora un fenomeno sporadico. Si decideva di espellere le donne dai monasteri ed il verolano Jacoucci intervenne di persona. Egli non poteva sapere né prevedere che in anni successivi una sua nipote, Clelia, figlia di uno dei suoi figli, Publio, sarebbe entrata come educanda nel monastero benedettino di Bauco (ora Boville Ernica).

Salvatore Rebecchini, studioso del palazzo Jacoucci in Veroli nel 1963, annotava, anche lui, che il citato Giuseppe Jacoucci «era stato uno dei più noti giuristi del tempo, che in gioventù, di tendenze repubblicane, era intervenuto poi quale rappresentante italiano nella Commissione istituita da Napoleone I per la riforma dei Codici; ma egli era stato attivissimo in politica e personaggio di spicco in tutto il periodo della prima Repubblica Romana» ed anche dopoLo stesso Jacoucci era stato esule prima in Francia e poi tornato a Roma, dopo una prima sosta a Milano ed una successiva a Modena, ebbe incarichi di rilievo dal Governo francese nell’amministrazione della giustizia, conservando un’ideologia fortemente anticlericale, da noi oggi riscontrata nella copiosa corrispondenza sua di quell’epoca.

A questo periodo dovrebbe risalire l’esecuzione dell’affresco nel soffitto della sala grande del suo palazzo in Veroli: ricordando che nel giugno 1809 e nel successivo mese di agosto cerimonie e festeggiamenti portarono a Veroli anche Federico Zaccaleoni, allora commissario imperiale, e Napoleone imperatore venne festeggiato anche nella pubblica piazza della città ernica con grande concorso di popolo. «Io credo che niun altro Paese della Provincia abbia solennizzato con tanta pompa e con tanto ordine la festività di S. Napoleone. Tutte le Chiese della Città hanno prestato parati e argenti alla Cattedrale per accrescerne la ricchezza e la solennità del rito. La Municipalità vi ha fatto una figura bellissima etc. Messa solenne coll’ assistenza di tutte le Collegiate, Fraterie, Seminario Curati etc. Accademia di canto, rinfresco sontuoso, pallone, parate militari etc. Veroli 15 agosto 1809». Questo si legge in una corrispondenza privata dell’epoca.

Giuseppe Jacoucci volle lasciare in quegli anni ai posteri una memoria artistica della sua ammirazione per Napoleone imperatore, con il quale aveva collaborato. Il testamento da lui lasciato al momento del decesso, avvenuto nel 1828, fa capire però la costanza della Fede nella Chiesa di Roma, che raccomandò anche ai figli ed eredi, in questo suo atto di ultima volontà. La vendita del palazzo e le conseguenti modifiche al fabbricato, avvenute negli anni “50-60” del secolo scorso, hanno determinato quindi la distruzione, all’interno dell’edificio, dell’opera d’arte di Della Valle e della memoria del suo committente verolano. Se l’affresco perduto fosse stato conservato, oggi potremmo ammirarlo come esemplare, forse unico, della penetrazione nel territorio provinciale delle nuove ideologie di un governo laico giunte qui alla popolazione più colta.

Gli ambienti interni del palazzo furono quelli abitati nel giugno del 1831 dal poeta di Roma Giuseppe Gioachino Belli, e da lui descritti nella sua corrispondenza privata, ma con uno stile dettato, secondo chi scrive, da sue esercitazioni letterarie del momento, a noi ben note. Anche il soggiorno del Belli avrebbe dovuto suggerire ai nuovi proprietari del palazzo ed all’amministrazione comunale di Veroli una maggiore attenzione verso l’edificio, almeno con una lapide esterna, se non per altro, anche per le benemerenze mostrate dalla famiglia Jacoucci in diverse circostanze, di cui è rimasta qualche prova in molti atti consiliari di Veroli. Potenza e Carità di Dio n. 2/2021 per abbonarsi scrivere a benedettineveroli@gmail.com

Foto copertina: Luca Bellincioni