Valle del Sacco, centralina Arpa Frosinone registra superamento PM10
“Nel 2023 alla città di Frosinone è stato assegnato il nero primato nazionale per la peggiore qualità dell’aria e corre per aggiudicarselo anche nel 2024. Nei primi quattro mesi, infatti, la centralina Arpa di Frosinone Scalo ha già registrato 38 giorni di superamento della concentrazione media giornaliera di PM10 (50 μg/m3), sui 35 giorni consentiti in un anno. Sebbene sia noto che la concentrazione media delle PM2.5 sia pari a circa il 40% delle PM10, tale centralina non misura le polveri ultrafini, le più pericolose per la salute umana. Quindi, nella zona maggiormente inquinata d’Italia, non si conoscono valori e sforamenti delle PM 2.5. Tra le prime cose che deve fare il Comune (e che non ha fatto) è chiedere l’installazione di una centralina Arpa dedicata alla PM2.5 se vuole disporre di un quadro di riferimento completo ed ottemperare alla recente Direttiva europea che ha abbassato i limiti delle polveri sottili per avvicinarsi ai valori suggeriti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a protezione della salute umana. Dal 2008 la zona denominata “IT1217 Valle del Sacco” è sotto infrazione a causa degli sforamenti annuali, continui e ripetuti, delle centraline di Frosinone Scalo, Ceccano, e Colleferro, che hanno fatto scattare, come in altre aree del Paese, le sanzioni europee. A marzo 2024, la Commissione Europea ha avviato una nuova procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto degli obblighi sulla qualità dell’aria. Del resto le rilevazioni di Arpa ed il programma regionale di risanamento della qualità dell’aria non hanno trovato riscontro, a livello comunale, in un programma straordinario, esponendo la popolazione ai potenziali danni sanitari ed alle sanzioni pecuniarie, che paghiamo come contribuenti. La Regione Lazio, guidata dal Presidente Rocca, continua pedissequamente ad imporre ai cittadini inutili sacrifici che non risolvono il problema dell’inquinamento atmosferico nella Valle del Sacco. La bonifica resta la promessa preferita da dare in pasto all’opinione pubblica, mentre negli Uffici amministrativi si autorizzano nuovi impianti insalubri, come i biodigestori. Nel 2016 Arpa Lazio, nelle osservazioni al progetto di impianto di produzione di biometano da rifiuti della Recall srl di Patrica, rilevava come “Il Piano di risanamento della qualità dell’aria, considerato che questa situazione perdura ormai da diversi anni, richiede una drastica riduzione delle emissioni, soprattutto quelle industriali, ma non sembra che ciò sia avvenuto, anzi si assiste ad un costante peggioramento del quadro emissivo” e si “impone di limitare drasticamente le autorizzazioni se non si vuole giungere a situazioni di pericolo sanitario.” Raccomandazione rimasta sulla carta in una Regione che dal 2019 è in “corsa” per autorizzare, a ridosso dei popolosi quartieri di Corso Lazio e Frosinone Scalo, un altro impianto per la produzione di biometano destinato a trattare 50.000 tonn/anno di rifiuti umidi, presentato dalla Maestrale srl. L’impianto sta avendo un iter travagliato per le contestazioni che gli vengono mosse dalla Provincia di Frosinone. Un progetto che contrastiamo perché quando sarà realizzato provocherà un aggravio del traffico locale per il trasporto di rifiuti umidi che potranno arrivare da ogni parte d’Italia e non solo. Il traffico sarà concentrato nel tratto urbano che coinvolge la SR 156 nel segmento compreso tra il casello di Frosinone dell’autostrada A1, Madonna della Neve a nord e Ceccano – SS156 diramazione dei Monti Lepini a sud. Sono stimati 16 mezzi pesanti al giorno con 32 viaggi in ingresso e in uscita per 312 giorni l’anno. Lo scorso 4 aprile, ai fini della Conferenza di servizi decisoria, la Maestrale Srl ha presentato una relazione, redatta dall’Ing. Giorgio Buonanno, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Civile dell’Università di Cassino. La controversa relazione conclude che “la concentrazione di PM10 nel comune di Frosinone è trascurabile”. Tale stima prende a riferimento i chilometri percorsi dai mezzi pesanti, ma il loro numero risulta dimezzato in ragione di un calcolo, a nostro avviso, “bizzarro”. Si legge infatti che “Considerando una superficie del Comune di Frosinone di 47 km2” gli impatti dell’inquinamento prodotto dal traffico veicolare diretto all’impianto sono stati “spalmati” sull’intera area comunale, anziché considerare solo le zone coinvolte che, a ridosso di Corso Lazio, sulla via Monti Lepini coinvolgono via Valle Fioretta, via Selvotta, via degli Anziati, Via Ponticelli, Via della Pietra Rotonda. Zone che, a circa 1 chilometro dalla centralina Arpa di Frosinone Scalo, sono quelle che già risentono della peggiore qualità dell’aria e che subirebbero il maggior aggravio e danno dall’aumento del traffico pesante indotto dall’attività del biodigestore. Questo si evince dalla relazione del consulente della società e che a distanza di più di un mese dalla sua pubblicazione parrebbe essere passata inosservata agli Assessori e ai consiglieri comunali. L’Amministrazione di Frosinone – che, con il silenzio compiaciuto delle opposizioni, non ha portato in Consiglio l’affare biodigestore – non ha chiesto l’archiviazione del procedimento di autorizzazione, i cui termini di legge sono ampiamente scaduti, e non ha fornito il parere di incompatibilità territoriale dell’impianto. Ad oggi non ci risulta abbia ritenuto necessario designare un tecnico specializzato per esaminare il progetto della Maestrale srl, non si è interfacciata con i residenti dei quartieri sottoposti a maggior rischio (Corso Lazio, Frosinone Scalo e Selva dei Muli), non ha avviato con Arpa campagne mobili straordinarie di misurazione delle PM 2.5 in tali zone, non ha verificato l’aggravio sulla viabilità provocato dalle attività legate al digestore, non ha misurato gli impatti sull’inquinamento atmosferico che derivano dall’utilizzo nel progetto di una caldaia a gasolio di 500Kw per l’alimentazione dell’impianto. In Conferenza di servizi non ha contro dedotto le 36 prescrizioni contenute in AIA, assolutamente preoccupanti le previste emissioni odorigene dell’impianto per i residenti, e non ha adottato la variante urbanistica con annessa mappatura dei fattori di rischio di incidenti rilevanti a tutela peraltro delle stesse aziende e degli impianti già esistenti. Se non si interverrà con misure decise a livello locale e sovracomunale sulla pressione ambientale del SIN Valle del Sacco, anche i gravi risultati sanitari di tutti gli studi prodotti dalle Istituzioni pubbliche (Sentieri, Montano, Eras Dep Lazio) a carico dello stato di salute della popolazione residente descritti in letteratura, soprattutto in relazione alle cause cardiovascolari e respiratorie fin dal 2012 (Chen & Hoek, 2020; Franchini & Mannucci), continueranno a peggiorare e questo non può essere accettato. Tutta la politica va richiamata alle sue responsabilità. Rispetto a queste criticità, probabilmente nemmeno le più significative, il Comune agisca in modo discrezionale, come è suo diritto, ma esprima in atti una posizione riconoscibile in termini di salvaguardia della legalità e della salute della comunità”. Lo comunicano Comitato NO biodigestori a Frosinone – Valle del Sacco, Comitato residenti Colleferro, Cittadini della Valle del Sacco Sgurgola-Anagni.
Redazione Digital