‘Un grazie che ti dovevo’, la lettera di Giuseppe D’Onorio a Roberto Cianchetti

Un grazie che ti dovevo

Lo so, già mi stai guardando con aria sospetta, caro Roberto, e ti stai domandando che cosa voglio dirti ora che ho preso carta e penna!
Ti vedo, un po’ infastidito al sol pensiero che io possa rivolgerti espressioni elogiative.
No, non ho alcuna intenzioni di fare un discorso apologetico su di te, anche perché non me lo perdoneresti mai. Rispetterò il tuo modo di essere.
Consentimi, però, di rivolgerti almeno una parola, di continuare a colloquiare con te, di interloquire come abbiamo fatto sempre.

Ecco, ora ti sento più tranquillo! Questa mia premessa ti ha rasserenato.
Ti conosco abbastanza e posso testimoniare che non hai mai amato la notorietà, non hai mai avuto il desiderio di metterti in mostra, di essere il primo attore, anche se ne avevi tutte le doti.
Hai sempre voluto ricoprire il ruolo di gregario e svolgere un intelligente gioco di squadra. Ci sei riuscito egregiamente.

Ti sento con una voce un po’ spenta, non è da te.
Certo, in questi ultimi tempi la salute non ti ha assistito molto, ma tu hai sempre saputo reagire. È nel tuo temperamento non arrenderti.
Sono contento di non vederti ora affaticato e sofferente in un letto di ospedale! Ne hai visitati troppi in questi ultimi anni. Sempre accanto ti è stata amorevolmente Loredana, che ti ha fatto da medico, da infermiere e anche da assistente morale; la presenza di tuo fratello Dino, che ha corso con te e per te per trovare soluzione alle tue sofferenze fisiche, ti ha sempre dato sicurezza; come la vicinanza dei tuoi parenti e amici ha reso la tua malattia più sopportabile.
In questo tuo continuo pellegrinare da ospedale ad ospedale è stato triste per me, per Adriano, per Peppe e per Lucio vederti sopraffatto da un dolore che ti impediva di parlare. Solo una breve frase sei riuscito a pronunciare: grazie di essere venuti.
Sederti accanto alcuni giorni fa quando ricordavamo l’amico comune della politica Bruno Fraja, incontrarti in edicola, vederti discutere in piazza con gli amici di sempre, mi ha fatto pensare che la tua malattia, oramai, era alle spalle. Ma non è stato così… mi sono sbagliato!
Lascio stare, immediatamente, questi brutti ricordi.

Parliamo della tua Roma e di Totti come piace fare a te.
Ecco, sento ora che parli con una voce più robusta! Meno male! Ascolto le tue dettagliate analisi della partita, comprendo le tue lucide tattiche di gioco che avrebbero permesso una vittoria facile, condivido i tuoi giudizi sulle scelte dell’allenatore…
Noto, con soddisfazione, che parlare della tua squadra del cuore ti fa star meglio! Sono contento.
Che dici, caro Roberto, se parliamo un po’ di politica? Della tua città, del lavoro che hai svolto prima come consigliere e poi come assessore all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici?

Sì, la politica l’altra tua grande passione.
Ecco, quando la senti nominare il tuo tono di voce si fa più squillante, più forte, più robusto.
Ora addirittura ti accalori nella discussione, sei un fiume in piena ed è difficile starti dietro.
Bene, così ti riconosco veramente! Sei il Roberto di sempre.

Fermati un istante, però. Fatti solo dire che sei stato un amministratore scrupoloso, attento, onesto, sempre disponibile…
Desideravo da tempo esprimerti pubblicamente quel grazie che da sempre ti dovevo.
È il grazie di chi ha piena consapevolezza di quello che hai fatto per la tua città e per i tuoi concittadini. Hai speso tutto il tuo ingegno per Veroli ed hai amministrato con passione, con viva intelligenza, con puntigliosa tenacia, con forte spirito di abnegazione per portare in porto gli obiettivi stabiliti.
Adesso noto che ti stai un po’ accigliando!
È vero, non sto rispettando gli impegni presi con te all’inizio. Niente elogi!
Va bene. Rientro immediatamente nel seminato, ma mi devi permettere di chiederti scusa per quel nostro colloquio troppo animato che stava per portarci a rovinare il rapporto. Da quel momento, però, se non mi sbaglio, abbiamo iniziato a stimarci di più.
Sì, lo so che la ricordi ancora e bene quella discussione. Lo vedo dal tuo volto, lo noto dal tuo sguardo, lo percepisco dal tuo sorriso a labbra strette.
Tu che hai sempre amato prima ascoltare e poi parlare, ora inizi a puntualizzare le motivazioni della tua posizione e lo fai appassionandoti di nuovo, come sempre!
È la tua caratteristica! È il tuo modo di essere.
Ora le tue parole non riesco più a contenerle, non riesco più a fermarti….
Ma, non ti preoccupare, è così che mi piaci!
Solo in questo modo ti riconosco come il Roberto di sempre.
E solo così ti sento ancora accanto e vivo.

Giuseppe D’Onorio