Tumori di retto e ano in aumento fra i giovani, ecco i nuovi studi

Durante il congresso annuale della European Society for Radiotherapy and Oncology (Estro), ben cinque studi fra quelli selezionati come novità più importanti  riguardano tumori di cui si parla poco, quelli di retto e ano. Eppure il tumore del retto è fra i più diffusi in Europa: ogni anno viene diagnosticato a circa 9mila persone in Italia, per lo più 60-70enni, soprattutto maschi. Il carcinoma anale, invece, è una malattia rara: sono poco più di 300 i nuovi casi annui nel nostro Paese, in gran parte dovuti all’infezione da Papillomavirus.
Per entrambe queste neoplasie, però, i numeri sono in crescita, specie nella popolazione under 50, come sta avvenendo anche per il cancro al colon. E c’è un’altra cosa che le accomuna: la loro posizione molto «delicata» che può avere importanti conseguenze per la qualità di vita dei pazienti.
«Il cancro del retto si sviluppa negli ultimi centimetri dell’intestino crasso, poco prima dell’ano, che costituisce poi la parte terminale – spiega Marco Krengli, presidente dell’Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica (Airo) –. Se, per asportare la massa neoplastica, l’intervento di chirurgia radicale va a intaccare queste zone, eliminando anche lo sfintere anale, le persone devono convivere con una stomia permanente». Essere stomizzati significa essere incontinenti e vivere con apposite sacche adesive esterne per la raccolta di feci. Una condizione che impatta pesantemente a livello sia psicologico che fisico, con ripercussioni nella sfera sessuale e nella quotidianità dei pazienti. Ecco perché da anni la ricerca scientifica cerca delle alternative terapeutiche che possano evitare la stomia ai pazienti e limitare gli effetti collaterali anche sul lungo periodo. senza compromettere le possibilità di guarigione o esporre i malati a maggiori rischi che il tumore si ripresenti. «Le cure per questi tumori oggi si basano su un mix di chemioterapia, radioterapia e chirurgia – dice Maria Antonietta Gambacorta, professoressa e primario di Radioterapia oncologica al Policlinico Gemelli di Roma -. Al congresso Estro 2025, da poco conclusosi a Vienna, hanno messo in evidenza il nuovo ruolo che può avere la radioterapia. Con dosaggi meno intensi e trattamenti sempre più efficaci, anche grazie a una combinazione di radiazioni e farmaci vecchi e nuovi (chemio e immunoterapia), è possibile risparmiare retto e ano, evitare il bisturi a tutto vantaggio della quotidianità delle persone».
La sperimentazione ACT4PLATO, coordinata da ricercatori britannici, ha dimostrato che una dose ridotta e un ciclo più breve di radioterapia ad intensità modulata (IMRT), rispetto a quello attualmente standard, raggiunge un eccellente controllo della malattia nei pazienti con un carcinoma anale ai primi stadi: a tre anni dalla fine delle cure, infatti, era viva e senza segni di ritorno della malattia l’88% dei partecipanti sottoposti all’iter sperimentale abbreviato e l’84% di quelli curati con la strategia standard.
Gli esiti dello studio STAR-TREC, coordinato dal Cancer Institute olandese, indicano che la radioterapia da sola o combinata alla chemioterapia può far evitare il bisturi ai pazienti con un cancro del retto in stadio precoce-intermedio: fra i 344 pazienti arruolati, dopo un anno di cure, l’80% dei sottoposti a chemio-radioterapia e il 61% di quelli trattati solo con radioterapia ha potuto risparmiarsi l’intervento chirurgico e quindi la funzionalità dell’organo.
Lo studio britannico PRIME-RT ha coinvolto 46 pazienti con carcinoma rettale in stadio avanzato, trattati con radio e immunoterapia (durvalumab) prima dell’intervento chirurgico e i risultati mostrano come il 67% dei partecipanti curati con un ciclo breve di radio (solo 5 sedute) e immunoterapia abbia visto scomparire del tutto il tumore sei mesi dopo per cui l’operazione non è stato necessaria. A conclusioni simili è giunta la sperimentazione cinese STELLAR II utilizzando una combinazione di chemio-radio e immunoterapia con una farmaco differente (sintilimab). Infine, sempre in Cina lo studio STELLAR, che ha seguito per cinque anni dopo la fine delle cure 591 malati con carcinoma rettale localmente avanzato, ha evidenziato come una radioterapia più breve seguita da chemioterapia prima della chirurgia migliori la sopravvivenza dei malati rispetto allo schema standard (chemio-radio di lungo corso). «L’obiettivo in queste neoplasie così “difficili” per l’area anatomica colpita è, ancora di più, minimizzare la tossicità delle cure – conclude Gambacorta -. Ovviamente l’obiettivo primario resta eliminare il tumore e limitare il pericolo che si ripresenti, specie nei malati ad alto rischio di recidive. Fatto salvo questo obiettivo, però, cerchiamo nuove strategie per raggiungere l’obiettivo con meno effetti collaterali possibile». corriere.it