Trisulti e sambuca Sarandrea, Collepardo spopola in Italia boom di turisti

Il paese delle erbe sorge alle pendici dei Monti Ernici, proprio sotto la cima del Rotonaria a un’altitudine che sale da cinquecento a oltre 1.700 metri. Proprio questa collocazione pedemontana non lontana né dagli Appennini né dal mare fa sì che a Collepardo, in provincia di Frosinone, crescano quasi 1.800 specie vegetali, la maggioranza delle quali fanno bene al corpo e alla mente: l’Orto del centauro Chirone (si curò una ferita con le erbe qui raccolte), di cui fu allievo Esculapio, si sarebbe trovato proprio qui, nel paesaggio che cinge questo borgo medioevale in cui le bifore, i portali delle case testimoniano il prestigioso passato di casati nobiliari del Centro Italia, specialmente l’antica Rocca dei Colonna col suo splendido portale seicentesco fatto erigere dai Tolomei di Siena. Collepardo si fregia anche delle sue favolose Grotte, situate proprio sotto il paese laddove scorre il torrente Fiume, all’interno delle quali in celle simili ai saloni di una galleria d’arte, si ammirano in penombra stalattiti e stalagmiti. E anche la voragine impressionante chiamata Pozzo d’Antullo, dalla forma circolare, avente un possente diametro di 300 metri e una mistica profondità di 60 metri, attira e intimorisce al tempo stesso.

Così come è indubbio che funga da motivo di richiamo, adesso che è stata riaperta, la meraviglia architettonica rappresentata dalla Certosa di Trisulti dopo l’intervento di recupero e restauro portato a termine dal Ministero della Cultura, Direzione Regionale Musei Lazio. La sua origine risale al XIII secolo e il suo cuore è da allora la Chiesa di San Bartolomeo. Tra i suoi tesori artistici più preziosi, c’è la Farmacia settecentesca, a testimonianza dell’alacrità sempre manifestata in questo campo dai certosini: essi, infatti, nel corso dei secoli, si sono sempre guadagnati il companatico raccogliendo erbe dalle quali ricavavano medicamenti. L’interno della Farmacia ha mantenuto l’arredo ottocentesco, perciò si osservano con vivo stupore le vetrine contenenti antichi vasi decorati a mano e gli armadi ottocenteschi, dentro i quali spiccano le scatole per le erbe. Bellissimi i trompe-l’oeil realizzati dal pittore napoletano Filippo Balbi nel salotto di attesa: l’artista si è sbizzarrito nel raffigurare nature morte, animali, figure caricaturali di popolani, motti, formule alchemiche. Superbi sono anche i cori lignei nella Chiesa di San Bartolomeo, opera di maestri ebanisti certosini del XVI e XVII secolo, e gli affreschi che rappresentano glorie dei santi: Balbi è stato paragonato niente meno che a Pieter Paul Rubens per il suo drammatico realismo. La mitologia e la pratica dei certosini spiegano, dunque, perché qui tutti ancora oggi raccolgono erbe.

L’esempio più fulgido è quello della famiglia Sarandrea che agli inizi del ’900 ha aperto una liquoreria alla quale si deve la conoscenza e diffusione della sambuca realizzata appunto dai monaci, di cui erano assidui compratori anche i papi nel Vaticano, come dimostra una lettera firmata da Giovanni XXIII. Marco Sarandrea, l’attuale titolare, va giustamente fiero del legame di tutto Collepardo con le erbe spontanee ed egli stesso partecipa fisicamente alla raccolta. «Qui lo facciamo un po’ tutti, indipendentemente dal ruolo e dal lavoro. Teniamo anche corsi per il riconoscimento e l’uso delle piante officinali. Siamo arrivati alla terza generazione — spiega Marco —, produciamo liquori, distillati ed estratti per la pasticceria, oltre a integratori alimentari. La purezza di fiori, piante ed erbe che crescono in questo ambiente sano fa parte del nostro DNA, quindi abbiamo una sorta di dovere nei confronti della diffusione di questa bontà».

Un compito che anche Riccardo Copiz e gli altri volontari dell’Associazione Sylvatica svolgono davvero egregiamente all’interno dell’Orto botanico in cui, tra le tante attività divulgative che portano avanti, c’è anche quella di impiantare presto nei bambini il seme della passione per la botanica. «Qui esiste una rete alacre di raccoglitori, secondo una tradizione che coincide con l’arrivo dei monaci nella Certosa di Trisulti. E poi la tradizione si è diffusa anche grazie al passaggio del Cammino di San Benedetto. Con Sylvatica mettiamo a disposizione questo nostro sapere, attraverso appunto l’Ecomuseo Orto del Centauro in cui si possono conoscere anche le specie animali che vivono in questo patrimonio naturalistico caratterizzato da una biodiversità unica grazie alle rocce carboniche e alla presenza generosa di acqua». Proprio per questo, c’è anche chi prova a sperimentare. Ad esempio Fabrizio Testana, avendo a disposizione un terreno in campagna a ridosso del centro storico di Collepardo, insieme al padre, dopo alcune ricerche, ha deciso di impiantare circa 600 piante di lamponi. «Nell’arco di due anni abbiamo ottenuto buoni risultati con la produzione di 50 chilogrammi di frutti grazie a 1.500 piante. E poi è toccato a 300 piante di ribes nero. In futuro coltiveremo piante di visciole, zafferano e specie aromatiche, facciamo già le confetture e presto anche i liquori». La sua azienda si chiama Cona del Merlo proprio per i tanti uccelli di quella specie, così come di altre, che sono davvero felici di vivere nel paese delle erbe e adesso anche dei piccoli frutti.

Questo borgo dei Monti Ernici si trova in Lazio, parte da un’altitudine di 586 metri per salire ai 1.750. Secondo lo storico tedesco vissuto nel ’700 Johann Nikolaus von Hontheim, più conosciuto come Giustino Febrònio, il centauro Chirone fece il proprio orto, alle origini della scienza medica, proprio a Collepardo, in Ciociaria (ciociariaturismo.it). La Certosa di Trisulti, riportata al suo antico splendore, con l’orto botanico e la farmacia (http://www.polomusealelazio.beniculturali.it/) sono all’origine delle tradizioni e pratiche botaniche di questo paese il cui centro storico di origine medioevale è davvero suggestivo per la sua collocazione all’interno di un territorio in cui le bellezze naturalistiche si accompagno a quelle delle architetture religiose come l’eremitico Santuario della Madonna delle Cese che pare schiacciato dalla roccia. corriere.it