Tortura la figlia di 17 mesi e la ustiona con lo spray, madre arrestata

Piccole macchie sulla pelle. Simili a ustioni. Quando alla fine di agosto la mamma della piccola si presenta in ospedale i medici pensano a una reazione allergica. Fanno esami del sangue, test allergologici, controllano la dieta della piccola, perfino abiti e prodotti usati per la pulizia. Ma non emerge niente. Seguono nuovi ricoveri in altri ospedali lombardi che si chiudono sempre senza una diagnosi. Si pensa a un morbo raro, si verifica qualsiasi interazione tra la bambina e l’ambiente esterno. Ma non c’è altro.  La svolta arriva a gennaio quando la bimba — 17 mesi — viene inviata in un ospedale di Milano. Rimane tre settimane e mezza, durante le quali viene visitata da diversi specialisti. «Sin dai primi esami non è stata identificata alcuna patologia naturale nota in letteratura». La soluzione arriva quando i dermatologi pediatrici iniziano a ipotizzare che quelle macchie arrossate e dolorose, in alcuni casi anche sanguinanti, siano lesioni «indotte dall’esterno». La conferma arriva da Medicina legale e dai primi risultati delle analisi «sui campioni cutanei, i prelievi di sangue e i campioni di capelli»: «elevati livelli di alluminio». È in quel momento che i medici decidono di rivolgersi al dipartimento fasce deboli della procura di Milano, guidato dall’aggiunto Letizia Mannella, che con il pm Pasquale Addesso apre un fascicolo che affida alla squadra Mobile. Il sospetto intorno a cui ruota l’indagine è che la piccola venga ferita, di proposito, da qualcuno che le è molto vicino. I primi indizi portano alla madre: è stata con lei durante tutti i ricoveri, è la persona che si occupa di cambiarla, lavarla, vestirla. E sono sospetti fondati. Almeno così lì ha considerati il gip Patrizia Nobile che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti della donna, 29enne, originaria della provincia di Varese, per maltrattamenti in famiglia aggravati. La conferma, drammatica, è arrivata dai filmati delle telecamere piazzate dagli investigatori nella stanza dell’ospedale. Nelle immagini si vede la madre che in più occasioni prende la piccola, la porta in bagno, le alza i vestiti o le toglie le calzine e si avvicina alla pelle con un oggetto. Le microspie registrano il rumore di uno spray («durata dello spruzzo dieci secondi») e subito la figlia in preda a urla e pianti «insistiti e fragorosi». In alcuni casi il solo fatto di essere presa per mano e portata verso il bagno della camera fa entrare la piccola in uno stato di terrore. Le riprese durano solo due giorni: il 31 gennaio e l’1 febbraio. Non serve altro, perché la donna la «colpisce» a ripetizione. A quel punto gli agenti diretti da Marco Calì decidono di verificare cosa sia quello spray: è comune deodorante da adulti. Ma contiene piccoli residui di alluminio. Lo spray spruzzato da così vicino e in modo prolungato provoca ustioni e lesioni alla pelle delle piccola. «Adesso viene fuori che è colpa mia», dice la donna ai medici quando le chiedono del deodorante, tanto che minaccia di rivolgersi ad un altro ospedale. Per il gip Nobile (oggi l’interrogatorio di garanzia) sono «azioni consapevoli e volontarie». Ora saranno gli esami psichiatrici a chiarire se sullo sfondo ci siano problemi depressivi. corriere.it