Tariffe dei voli più care del 50%, costo dei biglietti alle stelle

L’amministratore delegato di una delle più importanti compagnie aeree del mondo quasi si vergogna ad ammetterlo. «In questo periodo stiamo guadagnando cifre incredibili, nessuno escluso, e con tariffe ai massimi storici», dice durante una chiacchierata informale con il Corriere. «Le persone stanno pagando qualsiasi prezzo — prosegue — e non riusciamo ancora a capire quando smetteranno di farlo, ma prima o poi succederà». Il manager poi mostra un documento sul suo tablet con i ricavi stimati di tutti vettori nella settimana 12-18 giugno: 12,3 miliardi di euro, oltre 1,2 milioni al minuto. «Ricordiamoci però che veniamo da maxi-perdite per la pandemia e il cherosene ci costa non poco», precisa. Prendere un aereo quest’anno è un salasso. Ma mentre i viaggiatori si ritrovano a pagare sempre di più rispetto al 2022, in parallelo il prezzo del carburante per gli aerei è diminuito sensibilmente. Nei primi sei mesi di quest’anno le tariffe dei voli dall’Italia — nazionali e verso l’Europa — sono salite del 47,5%, con giugno che si è chiuso con +52%, stando all’analisi che il Corriere ha effettuato sulle piattaforme specializzate e relativamente a tutte le compagnie aeree, tradizionali e low cost, che operano nel nostro Paese. Il cherosene è invece calato del 22%, nello stesso periodo di tempo, con punte del -40 e -45% tra aprile e il mese appena passato. Nelle prossime settimane non si preannuncia alcuna tregua. I dati preliminari di luglio mostrano un aumento del 50% delle tariffe rispetto allo stesso mese del 2022, i prezzi di agosto segnano +50,4% e quelli di settembre +39%. Il tutto al netto dei costi accessori come l’imbarco prioritario, la scelta del posto, il bagaglio in stiva. Rincari che non scoraggiano però i viaggiatori. A maggio — ultimo mese contabilizzato — negli scali italiani sono transitate quasi 18 milioni di persone, +4,1% rispetto al periodo pre Covid, calcola Assaeroporti. Nei primi cinque mesi del 2023 il dato progressivo è di appena lo 0,8% inferiore al 2019. La Iata, l’associazione internazionale dei vettori, prevede per il 2023 un ritorno dei volumi pre pandemia con 4,35 miliardi di viaggiatori. Ma i profitti per ogni viaggiatore imbarcato ammonteranno a poco più di 2 euro. I rincari in alta quota fanno storcere il naso anche a diversi addetti ai lavori. Che chiedono alle autorità — europee e locali — di indagare. «In Europa i prezzi dei voli sono alle stelle», conferma al telefono al Corriere Olivier Jankovec, direttore generale di Airports Council International Europe, l’associazione che riunisce circa 600 aeroporti del nostro continente. «Mi lascia perplesso questo rialzo, mi meraviglio che nessuno stia intervenendo per tutelare l’interesse pubblico», attacca. E per questo propone «un monitoraggio dei biglietti: è evidente che c’è un aumento che va al di là dei costi sostenuti dai vettori, le tariffe sono 6 volte il tasso d’inflazione, come è possibile?». Jankovec ricorda che il monitoraggio tariffario non è una cosa nuova. «Lo fanno da tempo le autorità negli Usa e in Australia, perché non avviene anche in Europa?». In teoria dovrebbe occuparsene la Direzione generale dei Trasporti della Commissione europea o, a livello nazionale, «realtà come l’Antitrust o gli enti di aviazione civile». «Noi aeroporti siamo sempre sotto la lente dei regolatori nazionali sulle tariffe che possiamo applicare — sottolinea —, ma questo non succede per le compagnie aeree. Le nostre tariffe sono salite del 7% rispetto al 2019, ma se teniamo conto dell’inflazione vuol dire che in termini reali queste sono calate». Airlines for Europe, associazione che riunisce le principali aviolinee come Lufthansa, Ryanair, easyJet, Air France-Klm, British Airways e Iberia, replica che «proprio la competizione tra vettori ha contribuito a tenere basse le tariffe e ha consentito a milioni di europei di viaggiare a cifre convenienti». Diverse compagnie aeree contattate questi giorni spiegano che il carburante utilizzato oggi è quello acquistato un anno fa, quindi le tariffe odierne non riflettono ancora il calo del prezzo del cherosene. E aggiungono che ci sono anche altre voci di spesa da considerare, come gli stipendi, che negli ultimi mesi sono aumentati. E poi a fronte di una domanda elevata l’offerta non è ancora tornata quella del 2019: secondo i dati di Iba il terzo trimestre — da luglio a settembre — in Europa segna ancora -6,3% rispetto a quattro anni fa. corriere.it