Strage di innocenti, colpiti gli italiani

[one_third][/one_third] Esistono pagine di storia che non è possibile cancellare dalla memoria collettiva, anche quando la legge inesorabile del tempo parrebbe indulgere, se non proprio all’oblio, ad un ricordo più sfumato ed a celebrazioni sostanzialmente ripetitive. A queste pagine appartiene la tragedia di Vergarolla del 18 agosto 1946, in cui persero la vita oltre cento abitanti di Pola e del suo circondario, in maggioranza donne e bambini, Vittime del vile attentato ordito da una mano criminale durante la manifestazione sportiva organizzata dalla Società “Pietas Julia” per celebrare il suo sessantesimo anniversario.

Nel capoluogo istriano, momentaneamente affidato al Governo Militare Alleato in attesa delle decisioni che sarebbero state assunte dalla Conferenza di pace in corso a Parigi, non si erano perdute le speranze che Pola potesse restare italiana, sebbene molti segnali avessero già indicato la diversa propensione delle grandi Potenze, e proprio il 15 agosto una grande manifestazione patriottica all’insegna delle Bandiere tricolori aveva animato la vecchia Arena di un nuovo fervore all’insegna della fede e della speranza. Tre giorni dopo, le bombe fatte esplodere sulla spiaggia di Vergarolla ed il sangue innocente versato in maniera tanto tragica da rendere impossibile che oltre un terzo dei Caduti venissero almeno identificati, fecero comprendere che ogni residua fiducia non aveva motivo di sussistere.
Ancor prima della decisione ufficiale di trasferire la sovranità alla Jugoslavia, che sarebbe stata sottoscritta col trattato di pace del successivo 10 febbraio, i cittadini di Pola presero la decisione quasi unanime di scegliere la via dell’Esilio, che vide la partenza di oltre nove decimi della cittadinanza, compiutasi entro l’inverno, in condizioni che non è azzardato definire drammatiche. Tutto ciò, analogamente a quanto accadde a Fiume, a Zara e nelle altre città giuliane e dalmate, con una sola differenza significativa: grazie alla presenza degli Alleati, quella di poter documentare in modo esaustivo, anche attraverso immagini e filmati, un dramma davvero epocale.

La storiografia, la memorialistica e le testimonianze dirette esimono dal proporre nuovamente all’attenzione comune ogni dettaglio sulla strage di Vergarolla e sull’Esodo dalle dimensioni plebiscitarie. Qui, basti rammentare il nobile comportamento di qualche eroe come il Dr. Geppino Micheletti, chirurgo dell’Ospedale di Pola, che volle continuare l’opera per gli innumerevoli feriti pur essendo stato informato della perdita dei suoi bambini; od il gesto di Maria Pasquinelli, che proprio il 10 febbraio avrebbe colpito, in segno di estrema protesta, il comandante della piazzaforte locale, Gen. Robert De Winton; ma soprattutto la pur tardiva conferma che la mano criminale era stata quella dell’OZNA, la polizia politica di Tito, come emerse nel 2008 dall’apertura degli archivi del Foreign Office. Oggi preme sottolineare che quella tragedia non appartiene soltanto alla storia, ma vive nella matura consapevolezza del mondo esule e degli Italiani di buona volontà. Lo attestano, fra l’altro, le celebrazioni del 18 agosto che si susseguono ogni anno a Trieste nella Zona Sacra di San Giusto, presso la stele eretta in memoria delle Vittime, ad iniziativa della Federazione Grigioverde e delle sue Associazioni d’Arma, col valido supporto di alcune Organizzazioni esuli.

Quest’anno, in occasione del LXXI anniversario, c’è stato un ulteriore salto di qualità: oltre alla tradizionale presenza del Gonfalone cittadino decorato di Medaglia d’Oro al Valore, scortato dalla Guardia Civica in alta uniforme, si sono levate alte e solenni le note del “Nabucco” mentre a tutti i presenti è stata offerta una “Votiva Lux” che ha fatto rifulgere in fronte alle acque dell’Amarissimo una fiamma collettiva di speranza perenne. Fra le tante presenze sia consentito rammentare quelle di Marco Gabrielli, Presidente del Consiglio comunale di Trieste, in rappresentanza del Sindaco; e di Giorgio Rustia, Presidente dell’Associazione Nazionale Congiunti dei Deportati Dispersi in Jugoslavia, accompagnato dagli eredi ed amici di non pochi Martiri infoibati o diversamente massacrati dai partigiani comunisti nella plumbea stagione del 1943-1947. La presenza dei tanti vessilli associativi schierati davanti alla stele, assieme alla consapevole ed attenta partecipazione di un ampio pubblico, hanno attestato, se per caso ve ne fosse stato bisogno, che il ricordo dell’Esodo e delle Foibe, a Trieste come altrove, non corrisponde alle pur commendevoli esigenze della ritualità ripetitiva, ma trova fondamenti etici e spirituali in una diffusa coscienza patriottica e civile, compendiata nel commosso rito della Benedizione al monumento, onorato dalla Bandiera nazionale e dai fiori degli Esuli. In effetti, si tratta di valori non negoziabili, al di là di ogni compromesso e delle dispute nominalistiche circa dettagli di momento minore.

Vergarolla è stato un episodio significativo del delitto contro l’umanità perpetrato con le Foibe, le fucilazioni, gli annegamenti, ed ogni sorta di sevizie prima della morte liberatrice: in altri termini, di un vero e proprio genocidio. Essere consapevoli di questa storia, delle sue motivazioni, e dell’estremo sacrificio di chi non volle accettare l’ateismo di stato, il collettivismo forzoso, e la perdita di quegli alti valori umani e civili, non vuole sottintendere un semplice impegno per evitare la ripetizione di tanti ignobili delitti, come talvolta si sente banalmente e riduttivamente ripetere: al contrario, intende sottolineare la priorità di una scelta etica convinta, e la fedeltà ad un imperativo categorico come quello di amare la propria terra, le proprie radici, le proprie memorie. In una parola, la Patria.

Laura Brussi – Esule da Pola