Stefano D’Orazio, ai funerali gli applausi e le lacrime dei Pooh

Il corteo funebre che accompagnava Stefano D’Orazio, il batterista dei Pooh scomparso venerdì sera a Roma, è partito alle 14.40 dal Campidoglio. Tanti i fan e gli amici, pur nel rispetto delle norme covid, accorsi per salutare il musicista 72enne ma soprattutto c’erano loro, Roby Facchinetti, Dodi Battaglia , Red Canzian e Riccardo Fogli, i Pooh. Provati e commossi per l’ultimo saluto all’amico e compagno storico di 50 anni di musica.  
Il feretro è poi arrivato in piazza del Popolo, dove nella chiesa degli Artisti si sono tenuti i funerali in forma privata. Nella piazza centinaia di fan erano arrivati da tutta Italia con cartelloni di saluto, al passaggio del feretro hanno applaudito a lungo, hanno salutato intonando le strofe di alcune delle canzoni più celebri della band, come “Pensiero” e anche facendo risuonare molte bacchette da batterista. 

La Chiesa degli Artisti di piazza del Popolo a Roma pochi giorni fa aveva ospitato le esequie di Gigi Proietti. E come nel caso del grande attore, l’affetto della città ai suoi artisti non è mancato anche se le regole anti covid non hanno consentito quel gande bagno di folla che, in altre condizioni, ci sarebbe sicuramente stato. Ma “il popolo del Pooh”, in piazza c’era comunque. Per piangere e cantare anche se aldilà delle transenne.

Stefano D’Orazio è morto il 6 novembre dopo alcune complicazioni dovute al covid. E sono proprio le circostanze della morte in isolamento ad aver ulteriormente rattristato gli amici e compagni di musica come ha detto Red Canzian al Corriere: «Non ho potuto stargli vicino come lui aveva fatto con me quando sono stato operato al cuore». 
«Ho perso una parte di me stessa, Stefano era la mia forza, il mio sorriso, mi mancherà tutto di lui», ha detto la moglie Tiziana. Tra gli artisti dello spettacolo presenti alla cerimonia anche Lorella Cuccarini, Roberto Ciufoli e Fausto Brizzi.

Assieme al compagno Roby Facchinetti D’Orazio aveva composto “Rinascerai” in omaggio alla città, Bergamo, fortemente colpita dalla prima ondata dell’epidemia e che era diventata la sua città adottiva. corriere.it