“Spero che qualcuno porti un fiore sulla tomba di mio padre”, a 50 anni dalla morte di Ezra Pound

«Spero che qualcuno domani vada a portare un fiore sulla tomba di mio padre». È l’auspicio che esprime Mary de Rachewiltz, 97 anni, figlia di Ezra Pound, a 50 anni dalla sua scomparsa, dal castello a Dorf Tirol nei pressi di Merano. Mary non ha mai preso il cognome del grandissimo poeta e intellettuale perché lei nacque dalla relazione extraconiugale del padre con la violinista Olga Rudge e inizialmente non riconosciuta. «Non era affatto difficile vivere con lui un rapporto padre-figlia: era molto affettuoso. E poi, era davvero una persona intelligentissima: ha cercato di trasmettermi le tante cose che sapeva, purtroppo con pochi risultati… Era proprio un genio, io al confronto niente più di una semplice collegiale», prosegue la signora Mary, poetessa e saggista. Ma qual è stato l’insegnamento più forte ricevuto da suo padre? «Non indebitarsi – risponde sicura la figlia – Purtroppo, questo insegnamento pratico non è stato poi seguito da tutti i membri della famiglia…». Quanto agli insegnamenti più «ideologici», per Mary «le posizioni espresse da mio padre erano molto sensate: lui ha semplicemente guardato negli occhi di Mussolini e lo ha capito immediatamente». Lamenta poi la figlia di Ezra Pound: «Purtroppo, gli italiani non hanno preso sul serio mio padre. Quando è tornato gli hanno sì dato il benvenuto ma gli hanno anche detto “basta con le noccioline” a proposito della priorità del settore agricolo». Neppure l’America ha trattato troppo bene Ezra Pound, aggiunge la figlia «lì non è stato riconosciuto il valore letterario e filosofico dei suoi “Cantos”, paragonabili alla “Divina Commedia” di Dante”. Difficile lettura? Come ogni cosa che vale, occorre arrampicarsi per raggiungerla». Quanto al giorno della morte di Ezra Pound, racconta: «Mi telefonò mia madre, corsi subito in ospedale a Venezia ma arrivai quando lui era già morto; mia madre con grande fierezza mi rivelò che lui volle andare a piedi fino al motoscafo che poi lo portò all’ospedale. Ogni anno andavamo al cimitero, quest’anno non sarà possibile ma spero che qualcuno vada a portare i fiori». lastampa.it