Sinner in finale, ora è terzo al mondo supera Adriano Panatta

Vittoria fa rima con storia. Per la prima volta da quando esiste la classifica computerizzata, ci sarà un italiano sul podio del ranking mondiale. E non poteva che essere Jannik Sinner, colui che sta riscrivendo settimana dopo settimana i libri del nostro tennis. Tre settimane dopo il primo slam conquistato a Melbourne, ecco un’altra finale, perché la latitudine non fa differenza: a Rotterdam, dove aveva perso in finale 12 mesi fa da quel Daniil Medvedev che sarà superato sia in caso di successo (succederebbe già lunedì), sia in caso di sconfitta (bisognerebbe allora aspettare una settimana, perché al russo scadranno i 250 punti di Doha), Sinner si giocherà il dodicesimo titolo della sua precocissima carriera. La semifinale con l’olandese Tallon Griekspoor, la stessa di un anno fa (finì 7-5 7-6 non senza sofferenze), è finita 6-2 6-4 e ha avuto molta meno storia: in un anno, la crescita di Sinner è stata mostruosa, e quelle che nel 2023 potevano sembrare sfide equilibrate sono diventate degli show, come quello di Jannik davanti ai Carota Boys, arrivati a Rotterdam vestiti di arancione ma non scambiati per tifosi olandesi.
Domani, alle 15.30 (diretta Sky Sport 1), ci sarà il «solito»Alex De Minaur, l’australiano che ha scandito alcune delle pagine più gloriose della vita del campione di Sesto: per la prima volta, nelle Next Gen Atp Finals 2019, Jannik si mostrò al mondo. Ma sempre contro De Minaur (battuto sei volte su sei) sono arrivati il primo Master 1000 (l’estate scorso a Montreal) e soprattutto il punto decisivo nella finale di Coppa Davis di novembre a Malaga. L’unica volta che De Minaur è avanzato in un tabellone al momento dell’incrocio con Sinner è stato a Parigi Bercy, quando Jannik decise di non scendere in campo dopo aver finito il giorno prima alle 2.30 della notte prima.
«Ho provato in allenamento alcuni colpi che sapevo mi sarebbero stati utili — le parole di Sinner —. Sono soddisfatto e orgoglioso di essere riuscito a trovare il ritmo giusto. Non so quale sia la ricetta per annullare palle break: mi concentro su una alla volta, anche se sarebbe meglio non concederle nemmeno (ride, ndr). Ho servito sempre bene nei momenti decisivi, questo ha aumentato la mia fiducia. La finale con De Minaur? È un giocatore speciale per quello che ha significato per me».
La partita ha preso una brutta strada per Griekspoor già nel primo game: prima palla break (dopo un doppio fallo) annullata con un buon servizio, buona la seconda per Sinner che ha approfittato di un rovescio sul nastro del numero 29 del ranking. Il break è diventato doppio sul 4-1, con un passante straordinario quanto naturale nell’uscita dalla racchetta di Sinner. La prima palla break, l’azzurro l’ha dovuta fronteggiare nel sesto game: cancellata con un servizio a 207 chilometri orari. Poi eccone subito un’altra, arrivata con un rovescio a rete ma annullata con una palla corta che è sempre più nel suo repertorio. Subito dopo, recupero mostruoso e un’altra palla corta per volare 5-1 e chiudere 6-2 tenendo il servizio a zero.
Il tutto, con un modesto 54% di prime in campo. Ne sono servite due di fila per annullare altrettante palle break nel quarto game del secondo set, un ace per cancellarne un’altra sul 2-3 e un gran rovescio per disinnescare anche la quarta del set, la sesta complessiva (con tanto di lancio di racchetta a terra di Griekspoor). E con la frustrazione di chi le ha provate tutte per cambiare la partita senza riuscirci, l’olandese si è consegnato perdendo la battuta a zero nel nono game con un doppio fallo: red carpet per Sinner, verso nuove vette.
Una vittoria che dà la certezza a Sinner di diventare numero 3 della classifica Atp. Ora Jannik ha due strade: salire sul podio del ranking già lunedì 19 febbraio, se vince domani la finale di Rotterdam, oppure dovrà aspettare lunedì 26 febbraio, quando a Medvedev scadranno i punti della vittoria dello scorso anno a Doha. La certezza, comunque, è che Sinner toccherà per la prima volta la terza posizione mondiale. Un record per un italiano: prima di lui Panatta si era spinto fino al numero 4 del mondo (nel 1976). corriere.it