Scoperta la più vasta piantagione di marijuana in Italia, la «startup» di due ventenni

«Volevamo coltivare cannabis terapeutica»: così si sono giustificati i due giovani imprenditori, poco più che ventenni, davanti all’evidenza della mega piantagione di marijuana – oltre un ettaro- su cui avevano avviato la loro «startup». Ma nel loro fondo la Guardia di finanza di Lodi ha scoperto  piante con un Thc enormemente superiore allo 0,6% massimo consentito dalla legge per produrre la cosiddetta «canapa light». Piante di marijuana a tutti gli effetti – 115.800 per l’esattezza, equivalenti a circa 10 tonnellate di stupefacente – che le Fiamme Gialle venerdì mattina hanno posto sotto sequestro in un’azienda agricola di Borghetto Lodigiano,  «The Hemp Greenhouse» (La Serra della Canapa), a meno di dieci chilometri da Lodi.

«Si tratta della più grande piantagione mai vista in Italia», sottolinea il comandante della Guardia di Finanza di Lodi, Vincenzo Andreone. Indagati i due proprietari – Marcello Fiasconaro di 24 anni e Gianluca Diazzi di 21, il primo di Vizzolo Predabissi e il secondo di Segrate – con l’accusa di produzione e detenzione illecita di sostanze stupefacenti (se messo in commercio il raccolto trovato avrebbe fruttato milioni di euro). Non solo, c’è anche lo sfruttamento di manodopera: nel campo di loro pertinenza lavoravano una dozzina di immigrati, tutti del Sud Est asiatico, dediti (in nero) alla coltivazione e alla raccolta delle inflorescenze. «Abbiamo trovato una dozzina di lavoratori extracomunitari che vivevano in condizioni estremamente precarie – aggiunge il comandante -. Alcuni di loro lavoravano dall’alba al tramonto e la notte riposavano nel capannone adiacente la piantagione nell’indigenza più assoluta, mentre i loro “caporali” in due roulotte. Sei di loro siamo riusciti a bloccarli, altri sei si sono dati alla fuga». 

Le piante venivano coltivate sia all’esterno che all’interno di una serra della «Hemp Green House», messa sotto sequestro dalla Procura di Lodi dopo le analisi e la scoperta che il quantitativo minimo di principio attivo in diversi casi arrivava addirittura al 14% in rapporto al peso, contravvenendo a quanto stabilito dalla legge 242 del 2016. I militari, guidati dal colonnello Vincenzo Andreone e dal capitano Domenico Lamarta, infine hanno riscontrato che i due titolari dell’attività non avevano documentazione contabile attestante gli acquisti e la specifica natura della semente usarla nella coltivazione, che avrebbe permesso di ricostruire l’intera filiera agroindustriale. Ora la Guardia d Finanza di Lodi sta cercando di risalire ai canali di smercio che venivano utilizzati dai due giovani produttori denunciati. corriere.it