Saluto romano al camerata Sergio Ramelli, “Presente”

Il «presente» risuona tre volte. E scuote via Paladini. Il grido rimbomba davanti al murales che i «camerati» gli hanno dedicato sotto casa: «Ciao Sergio». Passa un istante. E da un balcone un urlo — «mer..» — e le note di «Bella Ciao» agitano lo schieramento. In risposta, qualcuno applaude provocatoriamente. Qualcun altro grida «Esci fuori!». Scoppia un petardo. Ma, nonostante la prima contestazione che si ricordi sul luogo della celebrazione, tutto rientra rapidamente. La piccola via in fondo a Città Studi non era mai stata così ingolfata di gente. Sono oltre duemila per i 50 anni dalla morte di Sergio Ramelli. È passato mezzo secolo dall’assassinio del 19enne del Fronte della Gioventù, studente del Molinari. E 50 anni e 47 giorni dalla brutale aggressione subita sotto casa, il 13 marzo 1975, da un commando di Avanguardia operaia a colpi di chiave inglese. Erano anni di violenza politica nelle strade, di «neri» contro «rossi», e «rossi» contro «neri», pistolettate, bombe, molotov, e «Hazet 36». Alla commemorazione tonda i «camerati» arrivano marciando in formazione dietro allo striscione nero «Onore ai camerati caduti». Perché la parata ricorda anche Carlo Borsani, gerarca fascista repubblichino giustiziato dai partigiani il 29 aprile 1945, ed Enrico Pedenovi, consigliere provinciale missino ucciso da Prima Linea il 29 aprile 1976. In strada ci sono i militanti di tutta la galassia nera della Rete dei patrioti: Forza Nuova, CasaPound, Lealtà Azione. Presenti Gianluca Iannone, storico leader di CasaPound, Stefano Del Miglio e il fondatore del marchio Pivert Francesco Polacchi. Ci sono anche il capo di Forza Nuova Roberto Fiore, con Luca Castellini, ultrà del Verona, entrambi condannati in primo grado per l’assalto alla sede della Cgil di Roma del 9 ottobre 2021. In piazza anche Daniel Biavaschi militante rimasto ferito nello scoppio di un ordigno bellico nel suo garage nel 2022. Il passo è all’unisono. Nel silenzio. Torce e tricolori in mano. I fiori da deporre ai piedi del murales. Il percorso è quello di sempre: da piazzale Gorini fino a via Paladini. C’è spazio anche per qualche altra (minima) contestazione: dai balconi qualcuno fa partire «Bella ciao», in via Aselli un abitante grida «mer…», in via Amadeo da una finestra arriva «La ballata del Pinelli». Poi, in via Paladini il grido che chiama il triplice «presente» è «camerata Sergio Ramelli». E le braccia dei militanti di estrema destra scattano tese nei saluti romani. E sui saluti romani, sui quali le pronunce dei giudici sono state in questi anni spesso difformi, la procura ha presentato ricorso in appello contro le assoluzioni di 23 militanti di Lealtà Azione, Casapound e Forza nuova che nell’aprile di sei anni fa avevano fatto il gesto fascista in via Paladini. Secondo il pm Enrico Pavone, quelle «circa 1.200 persone» avevano «l’intento non solo di commemorare la morte del giovane Sergio Ramelli, ma anche di rievocare un rituale tipico del partito fascista» e di «esternare la propria adesione ad un determinato sistema di valori». Una «condotta» che «assume preoccupante rilevanza» dato il «cospicuo numero di aderenti», «sensibilmente aumentato nel tempo». E sussiste in questo caso, dunque, il «pericolo di ricostituzione del partito fascista». Per il magistrato la «reiterata organizzazione» di questo evento, preceduto anche da una «massiccia propaganda diffusa» via social, ha accresciuto la «condivisione di tale ideologia». La norma, infatti, secondo il pm e anche alla luce della recente sentenza della Cassazione, sanziona le «condotte prodromiche alla ricostituzione del partito fascista» e di «”inoculazione”, anche subdola, della ideologia fascista, sia pure solo attraverso manifestazioni, gestuali o simboliche». corriere.it