Rivoluzionario del Tango, 100 anni di Astor Piazzolla

Cento anni fa, l’11 marzo 1921, nasceva a Mar del Plata in Argentina, Astor Pantaleon Piazzolla. Famiglia di origini italiane: Vicente Piazzolla (chiamato “Nonino” dai figli di Astor), figlio di Pantaleone, un pescatore emigrato in Argentina da Trani, in Puglia, e Assunta Manetti, la cui famiglia invece proveniva da Massa Sassorosso, frazione di Villa Collemandina in Garfagnana, Toscana. Figlio unico, nel 1925 si trasferì con la famiglia a New York, dove visse fino all’età di 16 anni. Suo padre Vicente, all’eta’ di otto anni, gli regalò un bandoneon comprato in un negozio, di seconda mano per diciotto dollari. Ma ad Astor non piaceva il tango. Era la musica che suo padre ascoltava, di notte, per esorcizzare la nostalgia del Sud America. “A me l’unica cosa che piaceva davvero era il jazz”, raccontò. Qualche anno dopo, all’età di 13 anni, grazie alla pianista ungherese Bela Wilda, iniziò ad ascoltare musica classica, amava Bach. “Fin dall’inizio la mia musica è stata sempre molto malinconica, molto drammatica, molto triste. Non so perché diamine, ma la musica drammatica mi rende immensamente felice, ascoltando Schumann, Brahms, Chopin”.

A 14 anni l’incontro con Carlos Gardel, star internazionale e simbolo del tango nel mondo. Tornato in Argentina negli anni 30, diventa in poco tempo il primo bandoneon dell’orchestra di Anibal Troilo, una delle più celebri formazioni di tango. Ma il suo genio comincia a sentirsi sempre più costretto nel mondo dei ‘milongueros viejos’, del conservatorismo della musica e dei costumi che rendono il tango un cliché sempre più abusato. La decade del ’40 volge al termine, la guerra in Europa è finita, la decadenza del tango e quella del Paese vanno a braccetto. I giovani argentini iniziano ad abbandonare il tango, non lo ascoltano più, non lo ballano. Nelle radio di Buenos Aires Elvis rimpiazza Gardel, il rock and roll arriva potente come una rivolta.

Nel luglio del 1952 muore Evita Peron, un mondo è finito. “Il tango non esiste più. Esisteva molti anni fa, fino al ’55, quando Buenos Aires era una città dove si vestiva il tango, si camminava nel tango, si respirava nell’aria un profumo di tango. Il tango di oggi è solo un’imitazione noiosa e nostalgica di quel tempo”, dirà Piazzolla che sta maturando la sua grande rivoluzione sonora. Nel 1957 mette insieme otto musicisti straordinari (il leggendario Octeto) e inizia un cammino che negli anni lo porterà a staccarsi dalla tradizione dell’orchestra tipica, mantenendo gli elementi di base, bandoneon, piano e violino, incorporando suggestioni prese dal jazz (sono gli anni di Gerry Mulligan e del ‘cool’ di Miles Davis), dalla musica sinfonica, da quella da camera. 

La svolta definitiva si compie nel 1974 con l’album ‘Libertango’, registrato a Milano con un gruppo di musicisti italiani strepitosi. L’l’Italia è stata per Piazzolla una seconda patria anche sul piano musicale, il luogo ideale per mettere le fondamenta del Nuevo Tango, utilizzando strumenti elettrici, la batteria, cantanti come Mina, Milva, Iva Zanicchi. E sempre in Italia, e sempre con musicisti italiani, tra cui Bruno De Filippi e soprattutto il bassista Pino Presti e il batterista Tullio De Piscopo, che erano tra i preferiti di Piazzolla, ha registrato lo storico album con Gerry Mulligano, celebrando così la sua vocazione al matrimonio tra il jazz e il Tango. Il grande argentino è anche autore delle colonne sonore di ‘Cadaveri eccellenti’ di Francesco Rosi (1976) ed ‘Ernico IV’ di Marco Bellocchio (1984) Muore nel 1992, celebrato nella sua Argentina e nel mondo come un monumento della musica. Si è stimato che nella sua vita abbia composto oltre 3mila canzoni ed è ricchissimo il catalogo di omaggi resi al suo genio da musicisti di ogni estrazione, come il grande virtuoso di violino Gidon Kremer, che nel suo “Hommage a Piazzolla” esegue una delle più belle versioni di “Oblivion”, uno dei capolavori di Astor Piazzolla, una sorta di saggio in musica sulla malinconia che racchiude lo spirito più autentico del Tango.

In occasione del centenario il figlio lo racconta nel doc ‘Piazzolla, la rivoluzione del tango’ diretto da Daniel Rosenfeld.  Il film franco-argentino, campione di incassi in patria, è un inedito ed evocativo viaggio nel cuore della vita e la musica di Astor Piazzolla, capace di offrire un ritratto intimo del padre del cosiddetto ‘nuevo tango’, un genere che incorpora tonalità e sonorità jazz al tango tradizionale, utilizzando dissonanze ed elementi musicali innovativi. Uno stile che, come si vede anche nel documentario (dove si assiste alle invettive degli ascoltatori all’indirizzo di Piazzola, ospite di una trasmissione radiofonica) è stato tutt’altro che accolto bene dagli amanti del tango tradizionale che lo odiavano al limite della colluttazione fisica. 

Piazzolla, la rivoluzione del tango’ è un documentario senza interviste, realizzato con moltissimi materiali di repertorio inediti, che mostra come si crea la musica, come nascono le suggestioni e come si mettono insieme, quanto l’amore e i legami familiari siano parte integrante del processo creativo. Per la prima volta vengono aperti al grande pubblico gli inediti archivi del mitico bandoneonista: fotografie, nastri vocali e riprese in super8 che raccontano la vita di Piazzolla dall’infanzia a Manhattan agli esordi musicali al fianco di alcuni dei più grandi compositori musicali dell’epoca; dal rapporto con la famiglia fino alla passione per la caccia agli squali; dal rientro a Buenos Aires alla rivoluzione degli anni Settanta con ‘Libertango’, l’album del 1974 inciso in Italia con cui si sancisce ufficialmente la nascita del ‘nuevo tango’. Il film documentario di Daniel Rosenfeld è stato distribuito nelle sale cinematografiche di Germania, Finlandia, Portogallo, Messico, Cile, Colombia, Uruguay, Argentina e Giappone. In Argentina e in Giappone è uscito in sala e in entrambi i Paesi è stato un caso di successo al botteghino, mentre è prevista l’uscita in Francia e in Italia alla riapertura delle sale cinematografiche.

Astor Piazzolla, con il suo nuevo tango, ha rivoluzionato il tango tradizionale con elementi musicali jazz, classici ed espressioni contemporanee, ma anche l’introduzione di strumenti come il flauto, il basso elettrico, la chitarra elettrica e le percussioni e adattando composizioni per piano al bandoneon. Uno shock per i puristi che lo accusarono di essere l’ “assassino del tango”.  “Il tango è un’arte musicale che deve evolversi e non un folclore ridicolo per distrarre i turisti”, e’ una delle sue frasi che in questi giorni vicini alla ricorrenza del centenario ricordano i media argentini.  Tra le varie formazioni da lui guidate, spicca il suo ultimo quintetto, con il quale ha girato gran parte del mondo. Il pianista di quella formazione che durò tra il 1978 e il 1989 era Pablo Ziegler, il quale ricorda che “una o piu’ volte mi disse che i tassisti, quando lo riconoscevano, si rifiutavano di accoglierlo. ‘Quindi sei Astor Piazzolla? Beh’ qui non sali'”. Piazzolla ha composto il suo primo tango all’eta’ di 11 anni: Catinga. Nonostante il significato simbolico del brano, non lo ha mai reso pubblico.

Molte città del mondo hanno deciso di ricordare in questi giorni i 100 anni della nascita di Astor Piazzolla, che ha avuto la forza ed il coraggio di rigenerare il tango tradizionale  per farne, con l’aiuto di musica classica, jazz e strumenti elettronici, un genere definitivamente universale.    Londra, Parigi, Berlino, Madrid, Rio de Janeiro, Seoul, New York e Firenze hanno messo in calendario eventi per celebrare l’opera di Piazzolla e il significato profondo del rinnovamento da lui apportato ai ritmi del 2/4.

Buenos Aires ha deciso per l’occasione di riaprire il mitico Teatro Colon, chiuso da un anno per la pandemia, per un gala della durata di 15 giorni di concerti, andati immediatamente esauriti. Si alterneranno sul palcoscenico l’Orchestra stabile del Teatro Colon, l’Orchestra filarmonica di Buenos Aires, la Camerata Bariloche, il Quintetto Astor Piazzolla, l’Orchestra Scuola di Tango ‘Emilio Balcarce’ e il sestetto ‘Escalandrum ProyectoEléctrico’ fondato dal nipote di ‘El Tano’, Pipi Piazzolla. Non mancheranno neppure i grandi virtuosi del tango, con la presenza di Amelita Baltar, Raúl Lavié, Jairo, Elena Roger, Susana Rinaldi, Gustavo Bergalli, Enrique Roizner, Luis Ceravolo, Ricardo Lew e Chango Spasiuk. Le celebrazioni, cominciate da settimane, continueranno per tutto l’anno, con una grande mostra nel Centro Cultural Kirchner (CCK) della capitale, il Festival ‘Experiencia Piazzolla’ nel Centro Conex, fino a un concerto di chiusura davanti all’Obelisco di Buenos Aires in novembre.  Da parte sua il quotidiano Pagina 12 ha riproposto il testo di un’intervista radiofonica concessa nel 1982 a una radio privata di Rosario in cui Piazzolla indica quelli che per lui sono i maggiori miti del tango e dà una opinione su se stesso. Al giornalista che gli chiede quali siano i poeti del tango’, il compositore risponde: “Per me Carlos Gardel è stato sempre il massimo. Ma anche Discépolo, Manzi, Contursi, Cadícamo, Cátulo Castillo, i fratelli Espósito, Horacio Ferrer e Eladia Blázquez. Tutta gente che ha fatto del bene alla poesia e al tango”.  Alla domanda invece di dare una opinione su Astor Piazzolla, risponde: “Beh, sono un tipo sincero, rispettoso. Sono irrispettoso quando le cose non valgono e devo esserlo. Non ho peli sulla lingua. C’è molta gente che è del genere ‘non ti impicciare’, che ha paura. Io non sono così. Non ho paura, non sono codardo. Se un giorno dovessi andarmene dal Paese perché un generale mi caccia, me ne andrò. Ma ho un vantaggio su quel generale: lui passerà, mentre la mia musica resterà”. rainews.it