Quattro arresti per concorso in estorsione a Frosinone

Questa mattina, in Frosinone e Ripi, i militari dell’Aliquota Operativa della Compagnia, unitamente a personale del Nucleo di Polizia Tributaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Frosinone e delle Sezioni di Polizia Giudiziaria della Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Polizia Provinciale, presso la locale Procura della Repubblica, in esecuzione ordinanza di custodia cautelare, emessa il 3 giugno u.s., dal G.I.P. dott.ssa Marzano del Tribunale di Frosinone, hanno tratto in arresto:
un 43enne di Ripi, già censito ed avvisato orale, per concorso in estorsione aggravata continuata, concorso in tentata estorsione aggravata continuata, sostituzione di persona, concorso in contraffazione di pubblica autenticazione e falsità materiale commessa da privato continuate aggravate;
un 53enne di Alatri, già censito, per concorso in estorsione aggravata continuata e concorso in tentata estorsione aggravata continuata;
un 33enne di Frosinone, già censito, in atto ristretto presso la Casa Circondariale di Frosinone, per concorso in estorsione aggravata continuata e concorso in tentata estorsione aggravata continuata;
un 37enne albanese, già censito, per concorso in estorsione aggravata continuata e concorso in tentata estorsione aggravata continuata.

L’Autorità Giudiziaria mandante, condividendo a pieno l’impianto accusatorio costruito dalla Polizia Giudiziaria operante, sotto la direzione del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.COLETTA, ha emesso il provvedimento in quanto, i quattro con più azioni illecite di un medesimo disegno criminoso, dal dicembre 2012 al luglio 2013, hanno costretto con minacce di morte due fratelli imprenditori del capoluogo a farsi consegnare denaro per un ammontare di €190.000, tentando con gli stessi illeciti mezzi di ottenere ingiusti profitti da un altro imprenditore di Frosinone. In particolare, due società del capoluogo ciociaro nel 2009 stipulavano un preliminare di vendita per uno stabile, che terminati i lavori sarebbe dovuto diventare un centro servizi e sul quale vertevano una serie di debiti tra cui alcuni compromessi di vendita di singoli locali già effettuati. Tra la società acquirente e quella venditrice sono nate una serie di incomprensioni tant’è che, accusandosi vicendevolmente di inadempienze contrattuali, la vicenda ha intrapreso la via legale ad oggi non ancora definita. La contingente situazione è sembrata terreno fertile per gli odierni arrestati che hanno intravisto un modo facile per ottenere denaro. L’intuito e le capacità investigative degli inquirenti hanno permesso, nel giro di pochi mesi, di mettere in luce, anche grazie alle dichiarazioni degli imprenditori, le attività illecite trasformate poi in capi di imputazione dalla magistratura. In particolare tra i creditori della prima società, poi passati alla seconda, vi era una piccola attività che, seppur intestata ad un prestanome, era di fatto amministrata dal ripano, il quale a seguito di sopraggiunto fallimento non poteva più adire le vie legali per il recupero di un credito di €66.000, creatosi a seguito di un preliminare di vendita per un locale commerciale. L’uomo, quindi, non avendo alcun titolo per intraprendere la via giudiziale, strada che poteva essere percorsa solo dal curatore fallimentare, decideva di affidarsi all’alatrense il quale, nonostante avesse risolto un suo analogo credito verso le due società in via legale, era noto per essere in grado di risolvere questo tipo di problemi percorrendo anche strade tutt’altro che legali. Così i due, avvalendosi quali braccia armate del frusinate e dell’albanese, hanno iniziato a minacciare di morte i due fratelli, non limitandosi a paventare ingiusti mali nei loro confronti, ma dichiarando esplicite azioni ritorsive anche contro i loro familiari, dei quali conoscevano già le abitudini di vita. I due imprenditori, conoscendo la caratura criminale dei soggetti, acconsentivano così a consegnare assegni per un valore di €190.000, per l’incasso dei quali il 43enne, già dichiarato nel 2009 fallito e inabile all’esercizio commerciale e a ricoprire incarichi direttivi in società per una precedente bancarotta, ha falsificato in toto un certificato fallimentare del Tribunale. In particolare, la prima attività estorsiva è stata posta in essere attraverso l’assunzione, da parte dei due fratelli, di una serie di obbligazioni inesistenti che poi, nel corso delle indagini, si sono concretizzate in cessioni pro-soluto di crediti che hanno generato la dazione di somme di denaro per €70.000,00 da parte delle vittime, minacciate anche di morte.

I quattro, alzano allora il tiro e visto che ormai erano riusciti ad intimorire i due fratelli, hanno deciso di continuare con la loro azione estorsiva così, sempre attraverso minacce gravi, li hanno convinti a farsi elargire l’ulteriore somma di €120.000, a cui giustificazione veniva emessa una fattura falsa. Perché limitarsi solo agli acquirenti, terreno fertile hanno pensato, può essere anche la diatriba legale tra i due gruppi societari e allora, i predetti sotto la minaccia delle armi hanno tentato di convincere il venditore a chiudere le controversie legali con l’altra società attraverso l’accettazione di una somma inferiore a quanto pattuito nel suddetto preliminare di vendita, estorsione non riuscita poiché nel frattempo le indagini hanno cominciato a farsi sempre più pressanti convincendo gli stessi dal desistere dalla loro azione criminosa. Le investigazioni sopra descritte sono state accompagnate da preliminari accertamenti bancari, eseguiti dai finanzieri del Nucleo della Polizia Tributaria di Frosinone, che hanno consentito di individuare i conti correnti utilizzati dagli arrestati nonché ricostruire i flussi finanziari delle attività estorsive poste in essere attraverso l’assunzione di obbligazioni inesistenti da parte delle vittime. All’esito di tali preliminari indagini finanziarie il P.M. dott. Adolfo Coletta ha disposto il sequestro delle disponibilità di somme presenti sui rapporti intrattenuti, dovendo intendersi le stesse pertinenti al delitto di estorsione, nei confronti dell’alatrense e della moglie, del frusinate, del ripano e di altri familiari e/o conoscenti dei medesimi, tuttora in corso di esecuzione da parte di personale del Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone.
Nel corso dell’operazione, a cui hanno partecipato oltre 30 uomini, sono state svolte anche diverse perquisizioni domiciliari durante le quali, gli appartenenti alle Forze di Polizia che hanno operato in perfetta sinergia, sono stati rinvenuti e sequestrati:
a carico dell’alatrense e del ripanodocumentazioni ed assegni probanti le attività illecite contestate;
a carico dell’albanese gr.2,4 di marijuana per cui verrà anche segnalato, alla Prefettura di Frosinone, quale assuntore di stupefacenti.
Al termine delle formalità di rito l’alatrense veniva ristretto presso la Casa Circondariale di Frosinone, mentre il ripano e l’albanese venivano posti agli arresti domiciliari con l’apposizione del braccialetto elettronico.