Professoressa abusa di un alunno, sesso a scuola e in chat condannata

Una professoressa quarantenne di Benevento, agli arresti domiciliari dallo scorso mese di settembre con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di un alunno di dodici anni e già sospesa sall’insegnamento, è stata condannata dal Tribunale di Benevento, col rito abbreviato, a tre anni e quattro mesi di reclusione. Le indagini erano scattate alla fine del mese di marzo del 2022 dopo la denuncia della preside, seguita da quella dei genitori della giovane vittima. Abusando della posizione di inferiorità dell’alunno e della sua autorità come docente, l’insegnante avrebbe indotto il dodicenne a compiere e subire atti sessuali, sia a scuola – una media della Valle Caudina – che tramite chat su Whatsapp. Durante le indagini, alcune conversazioni, foto e video sono stati ripristinati e recuperati dai consulenti informatici della Procura dopo il sequestro degli smartphone, in quanto la donna aveva intimato al ragazzo di cancellare tutto. L’insegnante, secondo la ricostruzione del pm, approfittando dello stato di soggezione del proprio alunno, con un’opera di persuasione definita «sottile e subdola» e instaurando con l’adolescente un rapporto di «predilezione» in classe e poi un intenso rapporto attraverso Whatsapp con messaggi, video e audio a contenuto esplicitamente sessuale, avrebbe indotto il ragazzino a compiere e subire atti sessuali sia in classe che virtualmente, con conversazioni sull’app di messaggistica istantanea che andavano avanti anche fino a tarda notte. Nei mesi scorsi il gip aveva accolto la richiesta della Procura di applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto assoluto di ogni forma di comunicazione con i minori con qualsiasi mezzo, compreso il telefono cellulare, internet e i social network. La misura era stata ritenuta quella più idonea in quanto l’indagata, si leggeva nell’ordinanza, «è apparsa non in grado di autoregolare i propri impulsi sessuali e la sola sospensione del rapporto lavorativo, cautelativamente applicata nella sede disciplinare, non è apparsa sufficiente a prevenire il rischio di contatti personali e telematici con minori». corriere.it