Niente lavoro senza Green pass, multe fino a mille euro Italia primo paese d’Europa

Dal 15 ottobre l’Italia sarà il primo Paese europeo in cui non si potrà entrare in fabbrica, in ufficio, negli studi professionali e in qualunque altro luogo di lavoro senza un green pass valido in mano. Il confronto con i leader sindacali è stato serrato e anche aspro, ma il presidente Mario Draghi ha tirato dritto. 

Certificato verde per tutti, dipendenti pubblici e privati. Il criterio adottato per definire il perimetro del provvedimento è quello dell’accesso ai luoghi di lavoro, metodo che tiene fuori pensionati, casalinghe, disoccupati.

La svolta dell’estensione generalizzata è stata pensata per incrementare il più possibile le vaccinazioni, prima che arrivi il freddo e la pandemia rialzi la testa. L’obiettivo di Draghi, che non ha paura di fare «anche più del necessario», è raggiungere in tre, massimo quattro settimane un numero di persone immunizzate così alto da consentire al nostro Paese di entrare «in una zona di sicurezza». 

Se non l’immunità di gregge, espressione che a Palazzo Chigi piace poco, una «immunità sociale» fondata sui numeri del commissario Figliuolo: 44 milioni di italiani vaccinati sui 54 vaccinabili, quindi cinque in più dei 39 milioni che hanno già avuto la seconda dose. Nelle prossime settimane il governo continuerà a monitorare la curva del Covid. E se con l’arrivo dell’inverno i dati dovessero peggiorare nonostante l’imposizione del pass a milioni di lavoratori, si prenderà in considerazione una stretta ulteriore. Il vaccino obbligatorio per tutti.

Ai sindacati il premier ha spiegato la filosofia di fondo: «Dobbiamo tornare alla normalità, con la ripresa delle attività in presenza. Abbiamo deciso di estendere il green pass perché è uno strumento che funziona, accettato dalle persone e monitorato». Una soluzione «accomodante rispetto all’obbligo», che è più divisivo e dirompente. 

Stamattina alle 10.30 il capo dell’esecutivo riunirà a Palazzo Chigi la cabina di regia con i capi delegazione dei partiti, a seguire la ministra Mariastella Gelmini ascolterà i presidenti delle Regioni e alle 16 si terrà il Consiglio dei ministri per il via libera al nuovo decreto.

Ci sono volute settimane di trattative con le forze sociali, le imprese, i partiti. I sindacati hanno preteso (e ottenuto) che il green pass non sia un mezzo per licenziare. Matteo Salvini si è opposto fino all’ultimo, ma si è ritrovato isolato e ha dovuto incamminarsi sulla via di Palazzo Chigi e del ministero della Salute, che è poi quella di larga parte della base leghista e dei governatori del Nord. 

Raccontano che ieri, al tavolo con i vertici di Cgil, Cisl e Uil, Giancarlo Giorgetti sia stato «perfettamente in linea con Draghi e gli altri ministri presenti», Speranza, Orlando e Brunetta. Il responsabile della Pubblica amministrazione, che da giorni si batteva per un decreto unico con dentro tutto il mondo del lavoro, ha insistito nel dire che bisogna «fare presto, bene e con intelligenza». E più tardi, da fuori, il segretario del Pd Enrico Letta ha lodato Giorgetti per «il modo corretto di stare dentro il governo in una fase complessa per il Paese». 

Nel decreto sarà scritto che i lavoratori senza green pass saranno sanzionati anche severamente, ma non licenziati. Sui tamponi però è scontro. Pierpaolo Bombardieri, Maurizio Landini e Angelo Colombini hanno chiesto che siano a carico dello Stato fino al 31 dicembre e quando Draghi ha detto che non se ne parla perché «si ridurrebbe la propensione degli italiani al vaccino», Maurizio Landini ha alzato la voce. 

Il leader della Cgil ha invocato l’obbligo vaccinale, «altrimenti si scarica tutto il peso sul mondo del lavoro» e ha insistito nel chiedere che sia lo Stato a pagare i test. Niente da fare. Il premier ha risposto che «gli oneri dei tamponi saranno a carico di chi non vuole vaccinarsi, non certo della collettività». Speranza ha aggiunto un’altra motivazione, cioè che «l’incentivo a immunizzarsi serve ora, perché a dicembre rischia di essere tardi». 

Il governo ha bocciato anche la richiesta di azzerare il costo dei test almeno per alcuni giorni, ma ha promesso che verranno incoraggiate a calmierare i prezzi le farmacie che non lo hanno già fatto. Una possibile via di uscita l’ha proposta Brunetta, in asse con la Cisl: «Per superare l’impasse della gratuità dei tamponi si potrebbe usare lo strumento degli enti bilaterali ». Affidare cioè la soluzione del rebus alla collaborazione tra datori e lavoratori .

Il meccanismo dei controlli inserito nel decreto del governo, sarà uguale a quello già in vigore per i settori dove il green pass è stato reso obbligatorio per i lavoratori. La procedura per i dipendenti pubblici e per quelli privati sarà dunque come quella prevista per il personale scolastico.

All’ingresso degli uffici e delle aziende i dipendenti dovranno esibire la certificazione verde e il responsabile delle verifiche sarà un capo ufficio o un capo reparto che dovrà essere individuato dai vertici aziendali proprio come avviene adesso nelle scuole e nelle università con il dirigente che accerta se i docenti e i dipendenti siano «in possesso della certificazione». 

Il controllo agli ingressi servirà anche a verificare che l’identità del lavoratore corrisponda effettivamente a quella annotata sulla certificazione verde. 
Le ulteriori verifiche circa l’autenticità del green pass (date della vaccinazione oppure dell’effettuazione del tampone) — a meno che non ci siano palesi contraffazione — possono essere effettuate direttamente ma anche richiedendo l’intervento delle forze dell’ordine per accertamenti relativi a eventuali falsi , ma in questo caso può scattare anche la denuncia.

Le sanzioni per il settore pubblico saranno uguali a quelle già previste per il personale scolastico e appare scontato — trattandosi di un unico provvedimento — che il settore privato sarà adeguato. «Non ci è stato detto che ci saranno contrattazioni per settore», confermano i sindacati al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio Mario Draghi. Certamente non si arriverà in nessun caso al licenziamento del lavoratore. 

Al momento dell’ingresso chi non ha il green pass non potrà essere ammesso all’interno delle aziende e viene considerato assente ingiustificato. La violazione dell’obbligo di avere il certificato è punita con una multa che oscilla tra i 400 e i 1.000 euro e può essere aumentata in caso di contraffazione del documento. In questo caso può scattare anche la denuncia. 

Dopo cinque giorni di assenza ingiustificata «il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti retribuzione e altri compensi o emolumenti». La riammissione in servizio è subordinata al possesso di valida certificazione verde. La sospensione del rapporto di lavoro non è qualificabile come sanzione disciplinare.

I sindacati chiedono di rendere gratuiti i tamponi per i lavoratori dei settori pubblico e privato che rifiutano di sottoporsi al vaccino. In realtà il governo sta valutando di effettuare un’ulteriore riduzione rispetto al prezzo calmierato che era stato deciso quando è stato imposto l’obbligo di green pass per il personale scolastico. 

Il tampone sarà gratuito per le persone «fragili» mentre per gli altri è possibile che ci sia una «finestra» in cui non sarà a pagamento soltanto in attesa che chi vuole vaccinarsi riesca a sottoporsi almeno alla prima dose e poi si dovrà invece pagare. Senza però escludere accordi tra aziende private e lavoratori, perché in quel caso l’onere non sarebbe comunque a carico dello Stato. 

«Siccome è reso obbligatorio per tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, e siccome per avere il green pass si prevede anche il tampone, noi abbiamo ribadito che le persone non devono pagare per andare a lavorare. Perché qui stiamo parlando del green pass per lavorare non per andare al ristorante o andare al cinema o allo stadio», ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio Mario Draghi. corriere.it