Nazionale italiana con sindrome di down campione del mondo, è la terza volta

Come loro nessuno mai. I migliori di sempre: la pallacanestro si veste d’azzurro ancora una volta. Tre volte consecutive sul tetto del mondo è qualcosa che va oltre l’ordinario, entra nella dimensione della leggenda mentre si è ancora nella storia. Facciamo così, giusto per capire meglio, mettiamo in fila quello che è successo nelle ultime cinque edizioni di Europei e Mondiali, con il Portogallo sempre palcoscenico della recita azzurra: 2017, Vila Nova de Gaia, Campioni d’Europa; 2018, Madeira, Campioni del Mondo; 2019, Guimares, Campioni del Mondo; 2021, Madeira, Campioni d’Europa; 2022, Funchal, Campioni del Mondo. Ogni anno una vittoria, ogni finale un successo, ogni competizione una medaglia d’oro. La Nazionale italiana di basket per atleti con sindrome di Down, organizzata dalla Fisdir (la Federazione che si occupa dello sport per chi ha disabilità intellettiva e/o relazionale), ha vinto il suo terzo titolo mondiale consecutivo, dominando la finale con l’Ungheria, battuta 36 a 12. Le statistiche all time dell’Italia ai Mondiali sono pazzesche. Gare giocate: 12. Vittorie: 11.
Sconfitte: 1. Punti realizzati: 380. Punti subiti: 152 . In Italia abbiamo lo Stephen Curry dei cestisti con sindrome di Down. Al suo secondo mondiale, è stato ancora una volta il miglior realizzatore: Davide Paulis, stella della squadra di Oristano, ha segnato 55 punti totale e 20 nella finale con l’Ungheria. Tutti però sono stati decisivi per una vittoria che fa entrare l’Italia nella storia del basket, non solo quello per chi ha sindrome di Down: Fabio Tomao (10 punti totali), Alessandro Greco (22), Andrea Rebichini (10), Alex Cesca (7), Francesco Leocata (23), Lorenzo Puliga (2) e Chiara Vingione (6), unica donna del roster. «Un gruppo fantastico, devo ringraziare tutti per quello che hanno dato in campo e fuori»: Giuliano Bufacchi, 46 anni, tecnico informatico come lavoro, coach che il mondo ci invidia per passione, è l’artefice di questi successi, vissuti sapendo volare sopra le difficoltà che lo sport paralimpico, e quello per atlete e atleti con sindrome di Down in particolare, ogni giorno si trova davanti: «Il nostro lavoro nasce dal territorio, nelle società sparse per l’Italia, con tecnici e giocatori con i quali sono sempre in contatto. Poi ci ritroviamo insieme in occasione dei vari raduni prima delle competizioni». Racconta poco dopo i festeggiamenti fatti di una passeggiata sul lungomare e di un gelato tutti insieme, prima della cena anticipata per via del ritorno verso l’Italia nella notte: «Siamo una squadra che fa del gruppo la sua forza. In questa edizione dei Mondiali non c’erano alcuni degli artefici dei successi precedenti, ma i nuovi sono stati altrettanto bravi. È il successo del gruppo e non dei singoli, come sempre». Gli Azzurri avevano cominciato a dominare fin dalle gare del proprio girone di qualificazione verso la finale: prima con la vittoria per 31 a 14 proprio sull’Ungheria affrontata anche in finale; poi con l’Arabia Saudita per 58 a 6. In semifinale hanno battuto i padroni di casa del Portogallo per 20 a 14. La finale è stata un trionfo per la squadra di Bufacchi, anche se in partenza si è dovuto rimontare il 6 a 2 per l’Ungheria, chiudendo il primo tempo avanti 15 a 8 fino al punteggio finale di 36 a 12. Con Bufacchi, a guidare dalla panchina la Nazionale ci sono Francesca D’Erasmo e Mauro Dessì: «Temevo l’Ungheria, a maggior ragione dopo averne misurato il valore nella prima partita del Mondiale. Proprio a seguito della nostra sfida, si sono presentati oggi con delle contromisure e all’inizio ci hanno sorpreso. Abbiamo però letto bene la partita, grazie anche al supporto tecnico di Francesca D’Erasmo e Mauro Dessì, fornendo indicazioni ai nostri ragazzi su come attaccare gli avversari. I giocatori hanno recepito alla grande e appena fatto il break, ci siamo anche rilassati. Abbiamo giocato molto bene, come volevo io, e sono felice di essere riuscito a utilizzare tutti anche in finale. Questo è il terzo titolo Mondiale, sicuramente è il più bello perché c’erano molte squadre di valore. Sono contentissimo, è una grande soddisfazione e non potrei volere di più». corriere.it