Microchip nel cervello umano, ecco il nuovo esperimento di Elon Musk

Un passo avanti verso il futuro. O almeno, questo è l’anteprima del futuro che Elon Musk dà al mondo in un post che ha pubblicato su X: per la prima volta una persona avrebbe ricevuto un impianto Neuralink, l’ambizioso progetto fondato dal miliardario nel 2016.
Il primo prodotto dell’azienda si chiama “Telepathy” e promette di connettere l’essere umano alle macchine, come nelle migliori storie di fantascienza. Un impianto composto da piccoli dischi e una serie di fili. Il dispositivo, che traduce i segnali cerebrali in azioni su un computer, «permette di controllare il tuo smartphpone o computer e, attraverso questi, quasi ogni altro device con il solo pensiero», così lo descrive Musk nell’annuncio che ha dato sul social di sua proprietà (e che poi è stato ricondiviso dall’account ufficiale di Neuralink).
Non si conosce l’identità della prima persona che si è sottoposta all’esperimento, ma potrebbe essere qualcuno costretto all’immobilità a causa di una lesione alla colonna vertebrale. «I primi utenti saranno quelli che hanno perso l’uso degli arti», commenta il miliardario. A settembre era stata aperta la ricerca dei volontari: «Le persone affette da tetraplegia dovuta a lesioni del midollo spinale cervicale o a sclerosi laterale amiotrofica (SLA) possono candidarsi», si legge nel post che era stato pubblicato da Neuralink. Cinque elementi compongono l’impianto di Neuralink: una capsula più esterna (quella che contiene l’impianto e che viene installata nel cervello) “biocompatibile”, una batteria che può essere caricata dall’esterno, i chip e la parte di elettronica che traducono i segnali cerebrali e li trasmettono ai dispositivi e, infine, i 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili ultrasottili che vengono collegati al cervello.
Un conto è lo strumento, ma l’intervento chirurgico è tutta un’altra storia. Impiantare i fili di dimensioni microscopiche può essere fatto solo da un robot: ottiche ultrasensibili e un ago «più sottile di un capello» per “tessere” i circuiti nel cervello.
L’impianto, poi, viene collegato a un’interfaccia fra l’uomo e la macchina  che permette al paziente-utente di compiere delle azioni su uno schermo grazie al pensiero. La fondazione nel 2016, le prime ambiziose dichiarazioni tre anni più tardi. Secondo Musk, già nel 2020 sarebbe dovuto arrivare l’ok alla sperimentazione già alla fine del 2020.
Non è andata così, o almeno secondo quanto riferiscono alcune fonti della Food and drug administration (Fda), l’agenzia governativa americana che si occupa di regolamentare i prodotti farmaceutici. Prima del 2022, infatti, l’azienda non avrebbe neppure mandato una richiesta di approvazione per la sperimentazione. E il primo tentativo era anche andato a vuoto: la richiesta iniziale era stata anche rifiutata a causa delle preoccupazioni sulla sicurezza dell’impianto. Fra i dubbi che hanno motivato il rifiuto, la possibilità che l’impianto non potesse essere rimosso dal paziente senza danni cerebrali permanenti e la sicurezza delle batterie al litio usate per far funzionare il device.
Problemi che alla fine sono stati risolti, se si considera il via libera che l’agenzia americana ha dato a Neuralink lo scorso maggio. E da settembre, la ricerca dei volontari: «Lo studio Prime valuterà la sicurezza del nostro impianto e del robot chirurgico. Studierà anche la funzionalità della nostra interfaccia cervello-computer», si leggeva nell’annuncio dello scorso autunno. corriere.it