Lady Oscar, la serie ha stregato almeno 3 generazioni di italiani

Il 10 ottobre 1979, in Giappone, andava in onda la prima puntata di una serie animata destinata a diventare un cult in Italia: Le rose di Versailles, approdato da noi (e in altri Paesi) con il titolo Lady Oscar. I quaranta episodi, basati sull’omonimo manga di Riyoko Ikeda, non ebbero, in Giappone, il successo sperato. Non subito, quanto meno. Da noi, invece, la storia della spadaccina Oscar François de Jarjayes, educata come un maschio sin dalla tenera infanzia, ha stregato almeno tre generazioni di italiani (complici anche i numerosi passaggi televisivi, una decina dal 3 ottobre 1982 in poi). Dopo il boom europeo della serie, Le rose di Versailles ha conosciuto una stagione di rinascita anche in Giappone. E, oggi, porta benissimo i suoi 40 anni.

L’anime — così si chiamano i cartoni animati tratti dai fumetti giapponesi — non è stato dimenticato, tutt’altro. Al contrario, molti italiani ricordano ancora a memoria la prima, storica sigla (cantata da I cavalieri del Re): «Grande festa alla corte di Francia, c’è nel regno una bimba in più / Biondi capelli e rosa di guancia, Oscar ti chiamerai tu». I più esperti, lettori anche del manga, conoscono a menadito le differenze (non trascurabili) tra cartone e fumetto. Quest’ultimo, infatti, è un racconto corale della Corte di Versailles e della Parigi di fine Settecento, in cui spiccava però la figura di Maria Antonietta. Oscar, comandante della Guardia Reale, non ha un ruolo da protagonista, pur essendo senza dubbio uno dei personaggi principali. Nella versione animata, invece, la spadaccina la fa da padrona (tanto che è lei a comparire nel titolo dell’edizione italiana).

Per tutti, fan sfegatati e spettatori occasionali, Lady Oscar è stato un mezzo per appassionarsi alla storia della Francia rivoluzionaria in un modo che sui libri di storia sembrava impossibile. E anche se l’anime ha fatto soffrire tanti — la trama abbonda di morti eccellenti — è ricordata con affetto. Perché dire addio a Oscar non è stato facile per nessuno (per chi l’ha visto da bambino, l’episodio finale è stato traumatico), ma dimenticarla è davvero impossibile. corriere.it