La rivista “Cioè” compie 40 anni, l’adolescenza di 4 generazioni

di Ilaria Passeri

Il prossimo 23 ottobre la rivista per adolescenti “Cioè” compirà 40 anni. Il noto settimanale per teenagers, dopo aver accompagnato con leggerezza la vita di quattro generazioni, si appresta a spegnere una montagna di candeline. 

Un traguardo inaspettato, se solo si pensa all’evoluzione sociale e di costume a cui abbiamo assistito dal 1980 ad oggi.

Gli adolescenti del vecchio millennio, follemente innamorati di Simon Le Bon, dei Duran Duran, dei Queen, delle ragazze di “Non è la rai”, vivevano in una realtà distante anni luce dall’attuale. Non conoscevano Internet (almeno fino alla seconda metà degli anni ’90), i social networks, gli youtubers, e non immaginavano neppure lontanamente cosa significasse affrontare un lockdown da epidemia globale.

Staccavano i poster della settimana dalla pagina centrale della rivista e li attaccavano con lo scotch alle pareti della cameretta o nella parte interna dell’armadio. 

Incollavano la copertina adesiva di “Cioè” sul diario di scuola e leggevano sottovoce le domande piccanti che i coetanei inviavano alla posta del cuore. 

Non si chiedevano quanti “like” avrebbero ricevuto le loro coraggiose pubblicazioni sul settimanale né quanti “followers” avrebbero racimolato; l’importante era solo riuscire andare in edicola con mille lire e non perdere neanche un numero della rivista. Leggerla aveva per loro un significato tutto particolare; rappresentava un momento di intimità, da vivere al massimo con qualche amica/o, senza la presenza dei genitori.

Il settimanale aveva introdotto, all’epoca, un’importante novità: i gadgets plastificati sull’esterno della copertina. Si passava dagli stickers ai portachiavi, dalle agendine glitterate ai monili colorati; un tesoro prezioso per i giovani acquirenti, da custodire gelosamente nel cassetto della scrivania.

Oggi, pur avendo perso il sapore della novità e del proibito, “Cioè” continua a raccogliere il consenso dei lettori. 

Il segreto di questo successo duraturo va probabilmente rintracciato nella sua capacità di mutare e di adeguarsi ai tempi, senza perdere la sua innata leggerezza. Non era semplice evitare di essere fagocitati da questo nuovo millennio digitale, ma “Cioè” ci è incredibilmente riuscito.

  • Ilaria Passeri, nata a Veroli il 10 marzo del 1983. Dopo aver completato il primo ciclo di studi a Veroli, il mio paese di origine, ho frequentato il Liceo Classico ad Alatri e poi mi sono trasferita a Siena dove, dopo una parentesi di un anno presso la Facoltà di Filosofia, ho frequentato il corso di laurea in giurisprudenza (indirizzo pubblicistico). Successivamente mi sono trasferita a Roma dove ho frequentato La Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, presso l’Università di Tor Vergata. Ero convinta che la mia strada fosse la magistratura ma poi i piani sono cambiati. Ho lavorato a Roma presso alcuni studi legali e poi, per scelte di vita personali, ho deciso di abbandonare la carriera da avvocato per rimettermi sui libri. Attualmente, dopo il superamento di un concorso pubblico, lavoro come funzionario presso il Ministero dell’Istruzione. Nel corso degli anni non ho mai abbandonato la passione per la scrittura, nata alla tenera età di 6 anni. Amo molto leggere, guardare film e serie tv.  Ho una figlia che si chiama Gaia, di sei anni, un compagno e un dolce maltesino di quasi 10 anni.