In viaggio con Francesca, ecco cosa fare e vedere a Castro dei Volsci “Il balcone della Ciociaria”

di Francesca Campoli

Con l’arrivo della primavera e della nuova stagione, si è ripreso a viaggiare più liberamente e così, senza andare troppo lontano, decido di fare un’escursione a Castro dei Volsci, che dall’alto della sua rocca, si affaccia sulla Valle del Sacco e su buona parte del territorio della Ciociaria. Il nome del centro, dominato dal paesaggio dei Monti Ausoni, suggerisce la presenza di un castrum, sul quale venne costruita la fortezza ancora oggi visibile. I Volsci ancor prima dominavano la valle ed eressero imponenti mura in opera poligonale di blocchi calcarei, visitabili sul Monte Nero.

Una veduta ad affresco, conservata presso il Palazzo Episcopale della città di Veroli, mostra invece come la città si presentava nell’Ottocento. Porta della Valle, l’ingresso principale al borgo, mi invita ad entrare e da qui, attraverso scalini, amabili salite, oltrepassando archi a sesto acuto, mi inoltro in un dedalo di vicoli e viuzze percorribili solamente a piedi, che custodiscono segreti giardini e graziosi orti urbani. Qui, ogni angolo è accompagnato dalla presenza di una fontana, per dare ristoro ai passanti. Un tempo infatti il paese, dedito all’agricoltura, si raggiungeva con bestie da soma, come testimoniano gli anelli in ferro forgiati a mano ancora riconoscibili sulle mura della città medievale e che servivano per legare gli animali.

L’aspetto che colpisce durante la visita del luogo è come gli abitanti abbiano tenuto vivo nel tempo il legame con il passato ed abbiano conservato la memoria storica del loro territorio. La storia di Castro infatti, situata sulla Linea Gustav, è stata fortemente segnata dal secondo conflitto mondiale, facendosi protagonista di deportazioni ed uccisioni, bombardamenti e violenze di ogni sorta. La Rocca di San Pietro costituisce oggi un luogo, per gli abitanti e per i visitatori, segnato da una profonda spiritualità. Qui è stato innalzato nel 1964 il Monumento alla Mamma Ciociara, un’opera marmorea che mostra una giovane madre tesa a proteggere con il suo corpo, la propria bambina dalle violenze, per ricordare le atrocità messe in atto prima della liberazione, dai militari delle colonie marocchine ed algerine al seguito delle truppe francesi.

Lo scultore Felice Andreani di Carrara sintetizza nella scultura i dettami delineati sia da De Sica sia da Moravia, esprimendo, attraverso una compostezza emotiva, il sacrificio di tutte le mamme ciociare che condivisero il medesimo crimine. Continuando la passeggiata in uno dei borghi più belli d’Italia, raggiungo la Porta dell’Orologio che conduce nella parte più antica. Sormontata da un’alta torre, mostra un orologio che nei secoli ha scandito il tempo e la vita di Castro ed ospita al suo interno il Centro Culturale Polifunzionale Nino Manfredi con una mostra permanente a lui dedicata.

L’attore, uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana, nel 1921 nacque proprio qui ed oggi, i suoi concittadini, in occasione del centenario della sua nascita, hanno posto nel centro del paese, un’istallazione in word work dell’artista Umberto Cufrini, per ricordarlo. Poco più avanti incantevoli laboratori artigianali, Le Botteghe della Regina Camilla, nati con l’intento di rivalutare l’artigianato locale e di far rivivere il borgo attraverso gli antichi mestieri, animano un’atmosfera di altri tempi. Si trovano ancora oggi sulla medesima via dove un tempo sorgevano le botteghe medievali come suggeriscono l’articolazione delle architetture scandite da archi ogivali e a tutto sesto e la caratteristica presenza di un muro dell’altezza di un metro che chiudeva una parte dell’arco, utilizzato per esporre le merci facendo rimanere i clienti sulla strada.

All’interno di questi ambienti che costituiscono oggi delle vere officine di idee si possono inoltre scoprire, su alcuni elementi architettonici, delle incisioni rappresentanti tre quadrati concentrici ed identificabili con la triplice cinta, un simbolo misterico legato ai Templari, che, con un po’ di attenzione, si possono individuare in molti altri punti della città. Le tradizioni sono state tramandate nella vita quotidiana di Castro grazie alla sensibilità degli abitanti che hanno conservato nei secoli la cultura del saper fare. Passato e presente si fondono in una concentrazione di arte orafa, tessile, gastronomica riportando in vita un’eredità storico-culturale.

Inoltrandoci in questa via possiamo così riscoprire la lavorazione del corallo che costituiva uno degli elementi fondamentali del corredo femminile di questa terra, alcuni ornamenti come i particolari orecchini che identificavano le balie ciociare, i lucchettoni, la cui storia viene descritta da studi antropologici. Entriamo nella bottega delle trame antiche dove possiamo scorgere un grande telaio del XVII secolo, uno dei rari esemplari ancora conservato; ancora oggi tale strumento viene usato per realizzare delle fitte trame attraverso il sapiente lavoro di Paolo che, come racconta, elabora due tipi di lavorazione molto antiche lo spolinato manuale e lo sfilato abruzzese.

Fino agli anni Sessanta del Novecento il corredo delle giovani spose del borgo, veniva realizzato completamente a mano, ricordando come l’arte tessile è stato uno dei mestieri su cui si fondava l’economia del piccolo paese. Tra le meraviglie che questo borgo conserva, consiglio di visitare il Museo Civico Archeologico, con un percorso di didattica per i più piccoli tra arte ed educazione; la chiesa di San Nicola la più antica della città – VI secolo – di proprietà in passato della diocesi di Veroli. Al suo interno, su due registri lungo tutta la navata centrale, si dispiega un ciclo di affreschi con scene bibliche ascrivibili all’XI ed al XIII secolo.

Dal punto di vista stilistico le scene pittoriche, che mostrano un’alta qualità dell’esecuzione artistica, rivelano un’affinità con quelle della cripta di Anagni, infatti secondo alcuni studiosi tale continuità, individuabile nella ripresa degli schemi bizantini e in una solennità del tratto nella definizione delle figure, rivelerebbe l’intervento di un maestro attivo in quello stesso ambiente artistico. La chiesa è inoltre legata alla figura di San Francesco che, in visita in questo luogo, compì un miracolo.

La tradizione religiosa vuole invece la città devota, fin dal Medioevo, a Sant’Oliva, una giovane anagnina, le cui reliquie sono conservate presso la chiesa che porta il suo nome, risalente al XII secolo e che conserva al suo interno l’altare maggiore consacrato dal vescovo di Veroli, nel XVI secolo e pregevoli tele. Se avete voglia di fare una piccola gita fuori porta alla ricerca di antichi borghi, Castro con i suoi tanti scorci è il luogo ideale per godersi il paesaggio circostante, per immergersi in un’atmosfera senza tempo e per conoscere suggestive tradizioni.