iL’aria che tira, a Venezia promossi Favino e Castellitto ma vince Zhao

di Ilaria Passeri

Si è conclusa tra mascherine, statuette, polemiche e distanziamento sociale la 77° edizione del Festival del Cinema di Venezia. La kermesse lagunare incorona “Nomadland” di Chloè Zhao, la regista di origini cinesi, oggi residente negli USA, che già nel 2017 aveva convinto pubblico e critica con la pellicola “The rider”.

La Zhao ha curato la regia di una storia sui generis, quella di Fern (interpretata dal premio Oscar Frances McDorman), una donna americana del XXI secolo, costretta dalla grave crisi economica post 2008 a diventare una c.d. “housless” e a viaggiare con un minivan lungo sentieri e sconfinate vallate della sua terra “a stelle e strisce”. 

La protagonista attraversa sette Stati, alla ricerca di una nuova vita, di un’opportunità di riscatto sociale. Proprio lungo il tragitto, inizia a cambiare il destino di Fen e la sua visione del mondo grazie all’incontro di altri nomadi che l’aiuteranno a guardare la realtà da una nuova prospettiva. Un elogio alla resilienza, all’incontro e all’integrazione con altre culture; un capolavoro di raffinata sensibilità, accompagnato dalla magistrale fotografia di Joshua James Richards.

A Pierfrancesco Favino è andata invece la Coppa Volpi come miglior attore, per la sua interpretazione in “Padrenostro” di Claudio Noce. L’attore romano conferma la sua immensa bravura e poliedricità. Dopo “Il Testimone” e “Hammamet”, dove ha dato prova di riuscire a calarsi nei panni di personaggi dal forte impatto sociale, discussi e dalla complessa personalità, ha convinto la giuria nelle vesti di Alfonso Noce.

La storia narra dei fatti di cronaca che, nel dicembre del 1976, hanno visto coinvolto il vicequestore Alfonso Noce (padre del regista), vittima un attentato organizzato dai NAP (Nuclei Armati Proletari). Un film autobiografico che prende le mosse dai ricordi sbiaditi del piccolo Valerio (Claudio Noce) che all’epoca della vicenda aveva solo un anno e mezzo, e che ripercorre con estremo realismo gli anni di piombo del nostro Paese.

Ad un altro italiano, Pietro Castellitto, va invece il premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura. Il figlio di Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini, con il film “I Predatori” (di cui ha curato anche la direzione) ha dato prova di essere una nuova ed importante realtà per il panorama cinematografico nostrano. E poi, come si suol dire, “buon sangue non mente”.

Insomma, è stata una kermesse ricca, che ha consacrato nuovi volti ma che ha anche riconosciuto il valore di professionisti affermati. E ora non resta che augurare una serena visione di queste bellissime pellicole, nella speranza che, per la 78° edizione del Festival, distanziamento sociale e mascherine siano solo un lontano ricordo.