Giustizia da riformare

di Biagio Cacciola

Il problema vero che sta sotto all’assassinio di Emanuele ad Alatri in piazza Regina Margherita è l’uso, praticamente senza controllo, di sostanze stupefacenti. I picchiatori assassini di quella notte tragica erano infatti strafatti, di droga e alcool. Una selezione seria, che non c’è davanti la maggior parte dei locali, specie piccoli, non li avrebbe dovuti nemmeno far entrare. Ma la cosa oggettivamente più grave e che ha determinato un’azione del consigliere superiore della magistratura Zanattin, è stata la scarcerazione il giorno precedente dell’esecuzione criminale di Emanuele, di Mario Castagnacci che viene fermato insieme ai tre coinquilini di cui due di Alatri. I carabinieri, che il loro lavoro lo fanno bene, trovano 300 dose di cocaina, 600 di hashish e altre centinaia di crack. L’indomani il magistrato convalida l’arresto ma dispone la scarcerazione. Nonostante la recidiva, dando retta alla tesi difensiva, scarcera il balordo picchiatore cocainomane insieme agli altri drogati, rigettando anche la richiesta del pm di obbligo di firma. Grazie a ciò il giorno dopo il Castagnacci si presenta al Mirò per recitare la parte da protagonista straccione e di serie c di un romanzo criminale di periferia, ad Alatri. Dietro tutto questo c’è un atteggiamento intollerabile di lassismo nei confronti dell’uso e dello spaccio di sostanze stupefacenti: grazie a questo atteggiamento di vertice fiumi di droga stanno distruggendo una buona parte degli adolescenti e dei giovani. Qualcuno deve iniziare a fare pubblicamente ‘mea culpa’.