Genio ciociaro, Nino Manfredi nasceva 100 anni fa

Nino Manfredi e la sua faccia normale, così italiana, così smarrita, stupita, bugiarda, impunita riempie l’omaggio che il figlio Luca ha cucito nel docu-film «Uno, nessuno, cento Nino». Il titolo rimanda ai suoi tanti personaggi, alla complessità del carattere, all’anniversario. Andrà in onda il 22, giorno del centenario della nascita, su Raidue e Sky Arte, e trabocca di materiale inedito: «Finora – racconta Luca – era ad uso didattico riservato agli studenti di cinema, è un viaggio della memoria lungo i 60 anni di carriera di mio padre, accompagnato da Massimo Ghini, girato quando Nino compì 80 anni». Sulla torta di compleanno c’era scritto «Tanto pe canta’». E’ la canzone che il grande attore portò al Festival di Sanremo. Entrò, esclamò: «Ho portato una canzone del paese nostro, si può cantare pure senza voce». Venne giù il teatro Ariston dagli applausi.

L’anniversario sarà corredato dal libro «Un friccico ner core», che è un verso di quel brano, dove il figlio racconta ammirazione e dispiaceri. Quella volta che Erminia, la moglie di Nino, rispondendo al telefono si sentì dire: «Vorrei dare a Nino una bella notizia». Era nata Tonina, avuta da una storia occasionale con una traduttrice bulgara conosciuta a Sofia. «Nino negò, disse che era uno scherzo, era la corruzione dei tribunali bulgari. Tonina venne al funerale di papà, alcuni tratti di famiglia li ho riconosciuti. Abbiamo dovuto fare un mutuo per liquidarla dall’asse ereditario». Quella volta che Luca mise «quasi le mani addosso» a suo padre, che gli fece riscrivere un dialogo salvo poi giudicarlo «una str…» davanti alla troupe: «Gli misi una lettera sotto la porta con tutto ciò che pensavo del nostro rapporto superficiale». Il giorno dopo arrivò sul set come se niente fosse: «Allora Luchino, cosa facciamo oggi?».

Il primo trionfo fu condurre «Canzonissima», i successi al cinema vennero dopo. Gigi Magni il cantore della romanità che gli affidò Pasquino, la voce del popolo in «Nell’anno del Signore» «Entrava nel personaggio con tutte le scarpe». Nino è la poesia del cameriere emigrato in Svizzera di Pane e cioccolata dove con un pizzico di ironia ritrova il Dna di famiglia e di quelle di tanti di noi, cerca di integrarsi ma si sente italiano. E non sa più chi è. Nino veniva dalla Ciociaria, c’era stata una grande presenza di emigranti nei sui parenti. «Il mio maestro è stato mio nonno, lui mi ha trasmetto l’ironia. Ha vissuto 32 anni in USA. Gli chiedevano cos’è l’America, lui rispondeva: e chi l’ha vista mai, non so manco se c’è il sole. Faceva il minatore». Il retaggio delle origini contadine: «In giardino Nino aveva il pollaio, il suo piacere era prendersi le uova fresche». Il vino che avanzava a tavola lo metteva in un bottiglione, lo beveva solo lui; operazioni di recupero e salvataggio letali, per lui una miscela irresistibile».

Nino marito traditore ogni volta portava a casa donne spacciandole come segretarie o insegnanti d’inglese, e si rinchiudeva con loro nella mansarda, «era come se volesse consumare e bruciare la vita che non aveva vissuto negli anni giovanili in sanatorio». Nino l’artista geniale debutto’ come regista con un film muto, («mi chiedevo cosa avrebbe fatto Chaplin al posto mio»), da «L’avventura di un soldato»». «Tratto da Italo Calvino, non voleva il film, gli dissi, se non le piace lo bruciamo. Mi scrisse una lettera bellissima: Mi sono sentito scoperto dentro, mi sono nascosto nella poltrona». La prima scrittura da Gassman, a teatro, nel 1947. «Avevo la febbre alta, ma la sala è esaurita, non potevo mancare. Io entravo e Vittorio recitava due parti, la sua e la mia». Da ateo, girò “Per grazia ricevuta”. Sua moglie Erminia ricorda che «il senso del peccato l’ha afflitto tutta la vita». Il suo rammarico era di non sapere l’inglese e ha perso occasioni come Billy Wilder. Erminia: «Era pirandelliano, uno e centomila, gli 80 anni li viveva male, aveva paura di essere dimenticato, di non farcela, ma davanti alla macchina da presa si faceva bambino e tornava a essere un grande attore». Sei l’unico che può parlare con un pezzo di legno, disse Comencini per convincerlo a fare «Pinocchio». corriere.it