Frosinone tra le province più a rischio, ecco dove sono le varianti

Tre province in cui le varianti del Covid-19 sono ancora in fase «primaria» e potenzialmente esplosiva (Brescia, Bergamo, Monza). 

Altre tre in cui le varianti sono già «entrate» e sono in fase di crescita: qui probabilmente hanno già fatto un pezzo del loro percorso, diffondendosi in una percentuale della popolazione, ma non si sa quando, e in che proporzioni, potrebbero «deflagrare» (Milano, Varese, Cremona). 

E questa è solo la Lombardia. Poi ci sono altre quattro province in Emilia-Romagna, cinque in Toscana, due in Basilicata, Potenza e Matera, una in Lazio, Frosinone, Marche, Ancona, Abruzzo, Pescara e Calabria, Vibo Valentia. 

Tutte, come mostra il grafico in questa pagina, da «bollino rosso»: che indica la probabile presenza delle varianti nel loro rush iniziale, la fase più pericolosa e dagli effetti imprevedibili. 

Eccola, la mappa del rischio per l’impatto delle mutazioni del virus in Italia, ottenuta in esclusiva dal Corriere ed elaborata da Alberto Gerli, ingegnere laureato a Padova, specializzato in Texas e diventato nell’ultimo anno, grazie ai suoi modelli matematici sempre più raffinati, punto di riferimento per la comunità scientifica e per alcuni tra i più insigni medici ed epidemiologi in Lombardia. 

Le previsioni di Gerli, per dar conto della sua credibilità (al di là delle pubblicazioni a cui ha collaborato), a inizio ottobre avevano già tracciato in modo quasi perfetto l’intera evoluzione della seconda ondata del coronavirus. 

«Alcuni aumenti dei contagi, anche del 10-20% rispetto a due settimane fa, possono essere legati al lungo periodo di “zona gialla” – riflette Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’università Statale di Milano – ma in Lombardia abbiamo avuto un aumento generalizzato del 30%, con “salti” anche del 40, sempre rispetto a due settimane fa. In questo aumento, dunque, c’è certamente un impatto delle varianti. Brescia al momento è la zona più critica, ma anche a Bergamo e Milano i contagi stanno salendo sensibilmente». 

I profili di rischio sono stati elaborati su base statistica, individuando prima le province con una crescita dei contagi «anomala», per poi approfondire quale sia al momento la tendenza di quella crescita. Risultato: sono 25 le province in cui le varianti hanno finora portato l’impatto più sensibile sull’aumento dei contagi. 

E, tra queste, sono 20 (soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana) quelle in cui le mutazioni del virus appaiono nella fase iniziale, che lascia prevedere una forte espansione. 

«È una prima sperimentazione, ma viene dall’adattamento di un modello già affidabile – spiega Gerli – e rivela una diffusione delle varianti anche in zone “insospettabili”». 

L’incertezza al momento è legata tutta a un paio di interrogativi: quale sarà l’impatto delle mutazioni? E ancora: le varianti hanno già dispiegato una porzione della loro potenza di diffusione, o la maggior parte delle conseguenze deve ancora arrivare? «Se siamo in tempo – conclude il professor La Vecchia – l’unica possibilità sarebbe una chiusura più stretta su determinate aree. È probabile che oggi l’Italia, in generale, sia a uno stadio intermedio nella diffusione delle varianti, e quindi si spera che l’impatto non sia drammatico come nel Sud dell’Inghilterra. Ma viste le incertezze, la cosa che assolutamente andrebbe fatta è questa: usare tutti i pochi vaccini che abbiamo, di qualsiasi tipo, per dare almeno una dose al maggior numero possibile di anziani». corriere.it