Figlio di Mozart in Italia, impiegato della ragioneria di Stato ecco l’abitazione

Con formula d’epoca, il certificato dell’anagrafe riferiva: «Carlo Mozart del fu Amedeo, nato a Vienna il 17 settembre 1784». Sulla data di nascita resta una minima incertezza, perché alcune fonti riportano il 21 settembre. Non esiste invece dubbio sulla paternità: l’italianizzato Amedeo sta per Wolfgang Amadeus. Carl, il figlio di Mozart, orfano a 7 anni, venne mandato giovanissimo dalla madre Konstanze a Livorno, affinché studiasse da commerciante; si trasferì a Milano nel 1805, quando di anni ne aveva 21, con l’ambizione, poi abbandonata, di diventar musicista: in città restò per tutta la vita, impiegato dell’«Imperial regio istituto di contabilità lombarda», la ragioneria di Stato dell’impero austriaco; pensionato dopo tre decenni di servizio, con 700 fiorini annui, continuò a vivere col domestico Giuseppe Del Signore e la «servente» Giuseppa Fantagurzi nella casa affittata in strada Cavalchina 1419, quella che oggi è via Manin (il palazzetto potrebbe essere quello antico ancora visibile al civico 11, o quello un tempo adiacente, ma poi distrutto, nello spazio dove oggi si trova l’hotel Manin).
Carl Mozart non si sposò, né ebbe figli; suo fratello minore, Franz Xaver, morì nel 1844, anche lui celibe e senza eredi: da quel momento Carl seppe che, alla sua morte, si sarebbero estinti nome e discendenza del maestoso genio di suo padre; quando glielo facevano notare, però, lui con modestia rispondeva: «Ciò sarebbe da lamentare nel caso in cui i figli avessero ereditato anche il talento del padre, ma dato che così non è, non importa granché». Morì il 31 ottobre 1858 e fu sepolto nel cimitero della Mojazza, nella zona oggi di piazzale Lagosta; quando il camposanto fu chiuso, le sue ossa finirono disperse, al pari dei resti di altri illustri milanesi, tra i quali Giuseppe Parini. Solo una lapide ricorda Carl Mozart, al Monumentale; sistemata dall’associazione austriaci di Milano, dice che «con lui si estinse la stirpe, ma non la gloria imperitura dell’illustre genitore…». L’esistenza milanese di Carl, oltre che al lavoro, fu dedicata all’onorare la memoria del padre e la sua musica, ma la sua figura finì presto obliata, tanto che nel 1896 il Corriere dovette fare una sorta di piccola inchiesta per ricostruire la sua storia. L’articolo iniziava così: «Il nostro corrispondente da Berlino, parlandoci qualche mese addietro, del Mozart, diceva che egli doveva aver lasciato un figlio a Milano, del quale null’altro sapeva; ed incitava a fare qualche ricerca». Si scoprì, tra altri dettagli, che era ben inserito nell’ambiente musicale milanese, che dava lezioni di piano e che, alla morte, «lasciò ai tre Istituti dei Filarmonici, pei nati ciechi e pei sordo-muti poveri lire 500 cadauno». Il grosso dei suoi averi lì donò però all’istituto Mozarteum di Salisburgo. Comprò una piccola casa a Caversaccio, nel Comasco, e proprio nell’anno della morte fu padrino di battesimo della figlia di un amico: la figlioccia di Carl, Giuseppina Ghielmetti, campò più di cent’anni e nel 1954 venne invitata a Salisburgo per ricevere un dono d’onore. Nella città austriaca, nella casa museo dedicata al musicista, si può ancora ammirare il più straordinario oggetto che suo figlio Carl aveva conservato nella sua casa milanese, il «fortepiano» di Mozart, che cedette al Mozarteum due anni prima di morire: un pianoforte a coda «per il quale mio padre — scrisse in una lettera — aveva una preferenza particolare nel senso che non solo lo teneva sempre nel suo studio, ma che usava solo questo in tutti i suoi concerti sia a corte», sia in teatro. «Me ne separerò con profonda nostalgia, perché non appena lo guardo mi ritorna a memoria l’immagine di mio padre seduto lì davanti». corriere.it