Espulso dall’Italia l’imam Zulfiqar Khan, “Sostiene Hamas e jihad”
Il pachistano Zulfiqar Khan, imam della moschea di via Jacopo di Paolo a Bologna, è stato portato in Questura per essere espulso. A darne notizia è un comunicato dove il suo difensore Francesco Murru parla del «ritorno ad uno stato di polizia e al perseguimento dei reati di opinione». Il ministero dell’Interno ha firmato un decreto di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di sicurezza dello Stato: si segnala che Zulfiqar ha manifestato una visione integralista del concetto di jihad e, tra l’altro, esaltato il martirio e l’operato dei mujahidin nel conflitto israeliano-palestinese, rivendicando il sostegno ad Hamas.
«Finalmente lo abbiamo rispedito a casa». Così il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini commenta l’espulsione dell’imam della moschea di Bologna da parte del Viminale. Il ministro Matteo Piantedosi sottolinea nel decreto di espulsione per l’imam pachistano Zulfiqar Khan come dall’autunno 2023 questi era emerso all’attenzione per il suo «crescente fanatismo ideologico» e per la sua «propensione verso posizioni radicali», connotate da un forte risentimento antioccidentale e antisemita e da una retorica omofoba e antifemminista. In uno dei suoi sermoni, si aggiunge, ha esortato i fedeli musulmani a combattere la pretesa dello Stato di imporre il pagamento dei tributi in quanto le risorse devono rimanere nella comunità musulmana. In un incontro in un centro di Bologna avrebbe definito l’omosessualità «una malattia da curare» che ogni musulmano ha il diritto di contrastare «per evitare conseguenze catastrofiche quali addirittura l’estinzione stessa del genere umano».
In alcuni video pubblicati sui social tra novembre 2023 e aprile 2024 ha accusato americani, tedeschi, francesi, inglesi e italiani di sostenere «gli impuri sionisti» e in un altro ha invocato Allah affinché distrugga gli oppressori, cioè gli Stati occidentali che appoggiano Israele. Risulterebbe anche in grado di generare proselitismo e in contatti con stranieri emersi in indagini per la loro appartenenza ad ambienti «dell’Islam ultra-radicale» e che è in grado di favoreggiare l’infiltrazione nel territorio bolognese di organizzazioni politico-religiose e para-terroriste. Il pachistano 54enne, entrato in Italia dal 1995, è titolare di permesso di soggiorno, revocato contestualmente all’espulsione. Il provvedimento ora deve essere convalidato in tribunale e può essere impugnato al Tar del Lazio. A giugno scorso l’imam Khan aveva denunciato per diffamazione il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli e il console onorario di Israele Marco Carrai. In seguito il ministro e vicepremier Matteo Salvini ne chiese la sua espulsione, sui social. «Spiace constatare – ha detto l’avvocato difensore dell’imam Francesco Murru – che siamo tornati a uno stato di polizia e al perseguimento di presunti reati d’opinione. Dalla documentazione, infatti, si deduce che le motivazioni espresse dal ministro Matteo Piantedosi, sono totalmente generiche e prive di riscontri probatori. Per fortuna viviamo in uno Stato di diritto nel quale la magistratura dovrà valutare la fondatezza di questo provvedimento». L’imam, sottolinea la nota di Khan e della sua difesa, viene indicato socialmente pericoloso «solo per aver, nell’ambito della sua attività di leader religioso, espresso delle opinioni personali in relazione al conflitto israelo-palestinese. Inoltre viene accusato di aver utilizzato parole discriminatorie nei confronti degli omosessuali e delle donne nel corso dei suoi sermoni. Niente di più di quanto illustri prelati ed esponenti cattolici hanno già fatto nelle loro omelie in ambito pubblico, ma non per questo vengono o sono stati espulsi dal nostro Paese». A questo punto «viene da pensare maliziosamente, che il tweet di Matteo Salvini nel quale richiedeva l’espulsione di Zulfiqar Khan, sia stato esaudito con il provvedimento di espulsione notificato oggi all’imam». «L’atto di oggi del ministro Piantedosi, pare, dunque, oltre che l’esaudirsi delle richieste avanzate dal collega Matteo Salvini, anche una ritorsione ai danni di Zulfiquar Khan, reo di essersi rivolto alla magistratura penale per ottenere giustizia». corriere.it