Dipendenza dal gioco d’azzardo, ecco come chiedere aiuto

Ragazzi e ragazze nella rete del gioco d’azzardo e delle scommesse, il cosiddetto «gambling». Un fenomeno che comporta non solo un danno economico, ma importanti effetti psicofisici e che quindi non è più possibile ignorare. Soprattutto considerando che gioca circa la metà degli studenti che frequentano le scuole secondarie. Così è stato avviato il progetto «INdipendenza da gioco» della Fondazione Ania, onlus del settore assicurativo che promuove la cultura della prevenzione e della protezione. Sono il Dipartimento di Psicologia di Sapienza Università di Roma e la Comunità Incontro Onlus che hanno avviato negli istituti superiori una serie di incontri formativi e di sensibilizzazione sul gioco d’azzardo e sui rischi della dipendenza.
«Nel DSM-5 (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali) il gambling è definito come un modello persistente e ricorrente di comportamento di gioco d’azzardo che porta a problemi clinicamente significativi o disagio – dice Anna Maria Giannini, professore ordinario di Psicologia generale e direttrice del Dipartimento di psicologia, Sapienza Università di Roma -. Ma nello stesso manuale, tra le patologie ancora da approfondire, c’è anche il cosiddetto “gaming”, termine che si riferisce a un pattern di gioco che include videogiochi digitali o elettronici. Anche il gaming può condurre a disagi o a una compromissione clinicamente significativa nelle aree personali, familiari, sociali, educative, occupazionali o di altre importanti aree di funzionamento. Per il gioco d’azzardo patologico c’è un’incidenza maggiore per il genere maschile con un’età media compresa tra 35 e 55 anni, per la dipendenza da videogiochi sicuramente l’età media è inferiore, ma molto dipende dalla tipologia di gioco».
Entrambi i comportamenti rischiano di compromettere il funzionamento globale dell’individuo su più livelli. «In ambito cognitivo-emotivo si potrebbero avere alterazioni dei processi decisionali e disregolazione emotiva, mentre dal punto di vista comportamentale si rilevano un’alterazione dell’impulsività e aumento del rischio con continua ricerca di sensazioni forti – dice ancora Giannini -. Inoltre, negli ambiti lavorativi, scolastici, familiari e sociali si possono riscontrare delle riduzioni o interruzioni nelle relazioni. Alla base di entrambe queste dipendenze vi sono fattori genetici ed epigenetici, infatti in chi ne soffre si riscontrano alterazione della funzionalità di alcuni neurotrasmettitori, come dopamina e serotonina, la possibile presenza di un familiare con disturbo da gioco o con altre dipendenze, la simultaneità con altre patologie psichiatriche, come dipendenza da sostanze e malattie neurodegenerative. Dal punto di vista psicologico potrebbero presentarsi alterazioni di percezione, attenzione e memoria, mentre dal punto di vista sociale un ruolo fondamentale è giocato dall’ambiente, dal gruppo dei pari e dallo status socio-economico».
«Il nostro progetto di sensibilizzazione e prevenzione prevede attività nelle scuole, su piattaforme online e nei luoghi di lavoro, attraverso metodologie innovative come la realtà virtuale e la realizzazione di video-interviste a giocatori patologici e ai loro familiari – chiarisce l’esperta -. È necessario sensibilizzare su queste tematiche perché si tratta di un fenomeno sottostimato e spesso non visibile. Da parte delle famiglie sarebbe importante non sottovalutare alcuni possibili campanelli d’allarme nei ragazzi, come comportamenti inusuali, il fatto di detenere forti somme di denaro o avere molti debiti. La differenza con le dipendenze da sostanze è che queste provocano degli effetti neurotossici sulla persona maggiormente visibili all’esterno, mentre nel caso delle dipendenze comportamentali la persona permane in uno stato di coscienza lucida e diventa più complesso comprenderne il disagio».
«È importante chiedere aiuto a professionisti come psicologi, medici, centri specializzati o a gruppi di mutuo aiuto – conclude Giannini -. Inoltre esistono delle strutture specifiche che si occupano di dipendenze secondo un approccio multidisciplinare. Il Servizio sanitario nazionale offre assistenza per i giocatori d’azzardo patologici nelle strutture dell’ASL denominate SER-D (Servizio per le dipendenze), attraverso prestazioni gratuite e riservate. Sono presenti anche associazioni private che si occupano del tema e offrono assistenza e cura individuali e familiari». corriere.it