Chi era Palmiro Togliatti? Ce lo dice Aldo Cazzullo

di Aldo Cazzullo

Dubito che la figura di Palmiro Togliatti, destinata a dividere, possa essere proposta ai lettori del Corriere come esempio delle virtù civili dei torinesi. Considero il comunismo un sistema orribile, una dittatura opprimente, che ovunque è andata al potere ha governato con la polizia politica e i campi di prigionia, talora con l’eliminazione fisica della borghesia. Non mi affascina il mito del comunismo italiano, secondo cui un’idea sbagliata e spesso criminale da Trieste alle Kurili diventava in Italia giusta o almeno nobile.

Va detto che senza l’Unione Sovietica Hitler avrebbe vinto la Seconda guerra mondiale. E che Togliatti è stato uno dei rari politici italiani ad avere un peso internazionale, come numero 2 del Comintern e stretto collaboratore di Stalin. Questo getta ulteriori ombre su di lui: gli anarchici fucilati a Barcellona durante la guerra civile spagnola; i capi del partito comunista polacco eliminati fisicamente; la mancanza di solidarietà per le vittime italiane del comunismo sovietico, compresi gli alpini prigionieri di guerra.

Va riconosciuta però a Togliatti la lungimiranza di aver schierato i comunisti al fianco di monarchici e cattolici nella guerra al nazifascismo, e di averli portati nel gioco democratico, a cominciare dalla Costituente. «Non perdete la testa» mormorò a Nilde Iotti dopo essere stato ferito da un estremista. Come uomo non era simpatico, ma colto. Un giorno Pajetta gli entrò in stanza all’hotel Lux e lo trovò che stirava una camicia e con la mano sinistra reggeva le «Odi» di d’Annunzio. «Perché ti stupisci? Se non hai letto d’Annunzio per motivi ideologici, hai sbagliato. Leggilo» disse Togliatti. Oggi i politici si rilassano con la playstation e non sanno il congiuntivo; i risultati sono sotto gli occhi di tutti. corriere.it