Cassino, la lettera di Vincenzo Formisano a suo padre Donato

Caro Papà, 

voglio ricordare la tua figura non di imprenditore o di banchiere, ma di marito, padre e nonno amorevole, oltre che di uomo semplice, punto di riferimento e amico di tanti. 

Lo faccio prendendo spunto dalle parole più ricorrenti nel ricordo delle persone che ti hanno tributato l’ultimo saluto: umiltà, semplicità, umanità, onestà, lealtà. Valori che hai portato avanti con assoluta coerenza. Gli stessi valori che hai trasmesso a noi, insieme all’amore incondizionato per la famiglia, il bene più importante per te. 

Prima, la tua famiglia di origine; tua madre, la mia nonna Anna, della quale eri “il cocco”; nonno Vincenzo; tuo fratello Onofrio, con il quale hai condiviso tutto, e le adorate sorelle Anna, Cira, Pina, Ines, delle quali eri gelosissimo. 

Eri orgoglioso di loro, come loro lo erano di te e questo amore lo hai trasferito ai tuoi nipoti, nessuno escluso. C’eri per tutti, per un aiuto e per un consiglio, con umanità, semplicità e il tuo inguaribile ottimismo. 

Poi hai creato la tua famiglia, senza mai dimenticare quella di provenienza, perché sapevi amare senza limiti. 

Tutto è iniziato con l’irruzione, nella tua vita, di un’adolescente dolce, mite, una donna eccezionale, come tu la definivi e, con la lungimiranza che ti ha sempre contraddistinto, “te la sei cresciuta”, come ti piaceva dire, fino a sposarla. Mamma, quanto ti ha amato papà e quanto tu hai amato lui! Proprio ieri avreste festeggiato 61 anni di matrimonio. Papà, ovviamente, era gelosissimo anche di te. 

Poi siamo nati noi: io e le mie sorelle Anna Paola, Donatella. Per noi è stato facile vivere con gioia e con amore perché avevamo l’esempio tuo e di mamma ed hai trasmesso a noi lo stesso amore per la famiglia. 

Anna Paola, Donatella, siamo privilegiati ma non, come pensano molti, per il benessere materiale che abbiamo ricevuto, ma per la gioia, l’amore, la serenità in cui siamo cresciuti. Io sono ancor più privilegiato perché ho voi, sorelle eccezionali, generose, disponibili.

In questi anni la malattia di papà ci ha unito ancora di più. Abbiamo condiviso tutto, gioie e dolori, abbiamo trasformato i ricoveri di papà in momenti quasi di festa, dandogli allegria, conforto, sollievo.

Ma per papà la famiglia non eravamo solo noi e mamma. Papà ha accolto come figli mia moglie Bianca, Leonardo e Marco e come figli li ha amati. 

Era molto orgoglioso di tutti voi e aveva ragione di esserlo. Per voi mio padre è stato vostro padre. 

Leonardo, Marco, per me voi siete stati i fratelli che non ho. 

Io e Leonardo ci conosciamo da quando avevo 6 anni. Abbiamo frequentato le elementari insieme. Papà ti adorava. Insieme a mamma, eri il custode della sua salute. Se ha vissuto così a lungo, molto lo deve a voi. 

Grazie a te e Donatella, ha vissuto, appena due anni fa, una delle gioie più grandi della sua vita, quando, vincendo la finale, portaste la Virtus in serie A. 

E poi Marco: difficilmente ho incontrato persone per bene, disponibili e sensibili come te. Il più saggio tra tutti, a cui papà affidava personalmente tutte le “rogne” familiari. Tu, con i tuoi modi gentili, ma fermi, sei riuscito a smussare tanti angoli e papà tutto questo lo sapeva e lo apprezzava.

La famiglia si è poi allargata con l’arrivo dei nipoti Alberto, Anna Vittoria, Federica, Maria Sofia, Anna Chiara e Donato. Caro papà, ognuno di loro ti ha regalato gioie e soddisfazioni con i suoi successi e i traguardi raggiunti. 

Alberto, con la laurea e il traguardo del dottorato di ricerca e la grande gioia in occasione della sua festa di laurea; 

Anna Vittoria, prima con la laurea triennale, poi con la laurea magistrale, lo scorso 21 luglio e la bella festa fatta a casa alla quale, nonostante tu, papà, non stessi più in splendida forma, non sei voluto mancare. Poi l’ammissione al master e l’inizio di una nuova avventura accademica. 

La laurea di Federica, alla quale hai assistito fiero e soddisfatto. Guardandola di spalle notavi, con orgoglio, la somiglianza con la mamma Anna Paola. 

E poi le più recenti soddisfazioni ti sono arrivate da Maria Sofia – che a gennaio discuterà la tesi della laurea triennale, e Annachiara – che ti hanno comunicato la loro ammissione alla facoltà di medicina. Papà non stava bene, ma in quell’occasione, care ragazze, è stato vostro il merito di renderlo ancora una volta felice. 

Quanto a te, Donato, Nonno gioirà dal cielo per i tuoi successi, anche se, in fondo, tu la gioia più grande gliel’hai data quando tua madre, da gran signora e gran dama, senza che nonno le chiedesse mai nulla, 18 anni fa, mi convocò al Bar Coppola e mi disse, con tono fermo, di aver deciso il nome di nostro figlio: “Donato” al patto, mi chiese, di non dirlo ancora a nessuno. Bianca, onore più grande non potevi dare a me e a mio padre. E tu Donato gli somigli moltissimo. 

Papà, quante cose vorrei ancora ricordare di te, così da prolungare questo momento con l’illusione di tenerti ancora qui con noi. Ma non si può. 

Mi hai sempre considerato un uomo sin da quando, appena tredicenne, avevo il compito di andare al negozio di Via Bari, prendere l’incasso e versarlo in banca, nella storica sede, dove trovavo Roberto Schiavi che contava i soldi così velocemente che sarei rimasto ore a guardarlo. Ti trovavo dietro un enorme tavolo – a dire il vero sempre un po’ in disordine – che parlavi con Nicola Toti (chi altri se non lui!) dei fidi. Io, intanto, parlavo di calcio con Antonio Marzocchella.

Mi portavi sempre con te, io ero la tua ombra. Ricordo le domeniche mattina, nello studio col prof. Di Zenzo, zio Marcello, nel palazzo in cui oggi c’è il Risciò. Parlavate, ovviamente, di banca. 

Proseguivi poi la tua giornata con “Ventura”, come ti piaceva chiamare il direttore Fiorillo e poi Fernando Manzo, tuo secondo fratello dal garage di Via Bari a 18 anni fino alla carriera in banca sempre insieme. 55Grazie Zio Fernando. 

Quella Via Bari a me tanto cara, dove avevamo il nostro negozio di autoricambi in cui, solo vedendoti, ho imparato tutto. Quando alcuni colleghi accademici parlano della business school che hanno frequentato, io penso sempre che la mia business school è stata quella di Via Bari. 

Caro papà, hai fatto cose inimmaginabili, sei stato e sarai sempre un punto di riferimento per un intero territorio, ma, come mi dicevi sempre, non avresti potuto fare nulla senza l’amore, la presenza discreta di una donna immensa: tua moglie Anna Luisa, la mia “mottola”. Mamma, ora ci sei tu, la nostra roccia: sei minuta, oggi sembri un pulcino spaesato, ma sei la più forte e, accanto a te, ci siamo tutti noi. Insieme ce la faremo. 

Papà, scrivo queste righe seduto a quello stesso tavolo in cui, il giorno di Natale, ti sei seduto anche tu, all’altro capo, proprio di fronte a dove siedo io in questo momento e io ti guardavo, sperando che quella giornata non finisse più. 

Stavi bene e nel formulare il brindisi di Natale dicesti con voce commossa: auguro a voi di avere una vita felice come l’ho avuta io. Ancora una volta pensavi a noi, ci salutavi, avevi già capito e già guardavi oltre. Anche stavolta avevi visto prima degli altri. L’ultimo pranzo insieme alla tua adorata famiglia. 

Sei morto il 27 dicembre, giorno della Festa della Sacra Famiglia.

Ciao Papà: stare al tuo fianco per quasi 58 anni è stata la più straordinaria, immensa esperienza che mi potesse capitare, un privilegio di cui andrò sempre fiero e orgoglioso. 

Ed è per questo che sono grato al Signore perché mi ha fatto questo dono e oggi, seppure distrutto dal dolore, lo ringrazio e gli dico: Signore, se lassù papà ti dovesse chiedere di aprire un conto presso la sua amata Banca Popolare… tu accontentalo. 

Grazie Papà. 

Vincenzo Formisano