Bollino nero dell’Europa al vino, “causa il cancro” allarme in Italia 

L’Unione Europea sta implementando nuove misure per contrastare l’insorgenza di tumori tra i cittadini dei Paesi membri. A causare particolare preoccupazione è il consumo d’alcol, alla base di una vera e propria emergenza sanitaria. La Commissione europea ha deciso così di impegnarsi con una campagna informativa per prevenire i danni causati dalle bevande alcoliche. Tuttavia, tra le misure previste ce n’è una che, per i produttori di vino, potrebbe essere particolarmente rischiosa. E potrebbe mettere in ginocchio il settore della viticoltura in Italia e in generale il Made in Italy.

In base ai dati forniti dall’Unione europea, sono queste le cause di morte più frequenti riconducibili direttamente al consumo di alcol nei Paesi membri.

  • Cancro (29% dei decessi).
  • Cirrosi epatica (20% dei decessi).
  • Patologie cardiovascolari (19% dei decessi).
  • Lesioni e incidenti (18% dei decessi).

L’insorgenza di tumori legati all’abuso di alcol, dunque, è un problema molto serio che pesa sui sistemi sanitari dei vari stati e che potrebbe essere evitato con un’adeguata campagna di prevenzione. Entro il 2025 la Commissione ha stabilito come obiettivo la riduzione di almeno il 10% del consumo dannoso di bevande alcoliche attraverso misure estreme, come un aumento della tassazione per questi prodotti e nuovi limiti per le pubblicità di liquori, birre e vini, anche sulle piattaforme digitali.

Alla base della levata di scudi dei produttori di vino c’è però una nuova etichetta che potrebbe essere apposta sulle bottiglie entro la fine del 2023. Potrebbe infatti aggiungersi al Nutri-Score anche il “bollinonero”, con la lettera F, che dovrebbe indicare la presenza di sostanze cancerogene. E che verrebbe automaticamente inserita su ogni bevanda alcolica, indiscriminatamente.

La proposta sarà valutata dal Parlamento europeo il 15 febbraio e si basa su uno studio pubblicato da Lancet 4 anni fa secondo cui “non esiste una quantità sicura per il consumo di alcol”. In questi giorni sono attesi emendamenti per fermare questo disegno di legge. Anche a fronte delle tante – e spesso legittime – critiche che arrivano dai produttori di vino e dalle associazioni di settore.

Se è vero che alcune sostanze possono aumentare la possibilità di sviluppare un tumore, è necessario sottolineare come entrino in gioco tanti altri fattori. Come la predisposizione genetica e lo stile di vita. Dannoso dunque etichettare come cancerogeno un alimento, al pari di un pacchetto di sigarette o di un composto chimico destinato all’industria. Sarebbe preferibile invece una campagna informativa adeguata sui rischi connessi all’uso e all’abuso delle sostanze alcoliche.

La Uiv, l’Unione Italiana Vini, denuncia che a Strasburgo “andrà in scena l’inizio della fine del vino italiano”, un settore che chiuderà l’ultimo esercizio commerciale con “l’ennesimo record storico dell’export a 7,1 miliardi di euro”.

A rappresentare un pericolo per la Uiv, oltre alle etichette con gli alert sanitari, anche le limitazioni sulla pubblicità, il divieto di sponsorizzazione degli eventi sportivi, l’aumento della tassazione, la revisione della politica di promozione. Quest’ultima vale oltre 100 milioni di euro all’anno per le imprese italiane all’estero, che ha permesso di raddoppiare i numeri dell’export negli ultimi 10 anni.

Levata di scudi anche da parte di Coldiretti, che comunica che il vino sarà “ingiustamente diffamato da un sistema di etichettatura ingannevole che mette in pericolo anche il sistema produttivo di qualità del Made in Italy”. L’associazione degli agricoltori sottolinea come sia ingiusto assimilare l’abuso di superalcolici nei Paesi nordici al consumo “moderato e consapevole” dei prodotti di più bassa gradazione come la birra e il vino, diventati in Italia emblema di uno stile di vita “lento”.

Duro anche l’attacco al sistema a colori, che potrebbe indurre “valutazioni errate sulla salubrità di un determinato prodotto”, mettendo al bando eccellenze alimentari come, ad esempio, l’olio extravergine di oliva, ritenuto da Nutri-Score meno sano delle patatine fritte, come spiegato qui, e il Parmigiano Reggiano. Magari a vantaggio di prodotti meno controllati ma con un ipotetico valore nutrizionale più alto.

L’argomento è destinato a far discutere, e divide già chi giustamente chiede una regolamentazione del cibo e delle bevande ed etichette di facile lettura per i profani e chi, pur riconoscendo l’importanza di questa necessità, critica un sistema che appare troppo semplicistico e incompleto, e che potrebbe dividere le nostre tavole tra prodotti “buoni” e “cattivi”, facendoci dimenticare l’importanza di una dieta sana e di uno stile di vita attivo.