Biden come Obama, ordina di bombardare e si contano 22 morti

Gli Stati Uniti hanno compiuto un attacco aereo notturno in Siria, prendendo di mira le milizie filo-iraniane. Il bilancio delle vittime secondo l’Osservatorio siriano sui diritti umani sarebbe di 22 combattenti uccisi.

Il Pentagono ha spiegato che l’attacco – avvenuto nella zona di confine con l’Irak, tra Al Qaem e Abu Kamal – ha distrutto «diverse strutture» ed è stato ordinato dal presidente in risposta al blitz missilistico del 15 febbraio scorso all’aeroporto di Erbil, nella regione del Kurdistan iracheno, contro truppe Usa e della coalizione anti-Isis. Contro le postazioni delle milizie filo-iraniane sono state scaricate sette bombe da 227 kg di esplosivo, che hanno distrutto anche alcuni edifici e tre camion carichi di munizioni in arrivo dall’Irak a un posto di frontiera illegale a sud della città di Boukamal.

I trasferimenti di armi al confine sono frequenti in questa zona, dove in passato ha colpito anche Israele, grande nemico di Teheran. Le vittime appartengono a due milizie sciite, Kataib Hezbollah e Kataib Sayyid al-Shuhada, entrambe aderenti alla coalizione paramilitare irachena Hashd al-Shaabi, che raggruppa piccoli gruppi armati legati all’Iran. «L’operazione invia un messaggio inequivocabile: il presidente Biden agirà per proteggere il personale americano e della coalizione», ha spiegato l’ammiraglio John Kirby, portavoce del Pentagono. «Nello stesso tempo però abbiamo agito in modo calcolato con l’obiettivo di allentare la tensione nella Siria orientale e in Irak», ha precisato, parlando di un’azione «difensiva» e «proporzionata» in risposta ai recenti attacchi contro il personale americano e della coalizione in Irak. Il raid, ordinato da Biden, è stato accompagnato da «iniziative diplomatiche», comprese consultazioni con gli alleati, ed è stato messo a segno in Siria per non mettere in difficoltà il governo iracheno, con cui Washington vuole collaborare proprio per contenere le infiltrazioni iraniane.

Immediata la condanna del blitz da parte di Mosca, Pechino, Damasco e Teheran, che hanno denunciato la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Siria. «Rifiutiamo ogni tentativo di trasformare la Siria in un’arena per regolare i conti sulla scena geopolitica», ha attaccato il ministero degli Esteri russo. Mentre per quello siriano si tratta di «un’aggressione che rappresenta un cattivo presagio delle politiche della nuova amministrazione americana, che dovrebbe aderire alla legge internazionale e non alla legge della giungla della precedente amministrazione» di Donald Trump.

I lanci di missili delle due ultime settimane contro i soldati Usa in Irak erano considerati da diversi analisti come il primo vero test sull’atteggiamento di Biden nei confronti dell’Iran, in un momento in cui Washington sta tentando di rilanciare l’accordo nucleare iraniano del 2015.

Il raid è un avvertimento che gli Stati Uniti non tollereranno provocazioni finalizzate ad aumentare il margine di manovra iraniano in caso di negoziati, e non sono disposti ad accettare qualsiasi mossa pur di far rivivere l’intesa. Nello stesso tempo, l’attacco invia anche un messaggio interno ai repubblicani, i quali accusano Biden di essere troppo debole verso la Repubblica Islamica pur di resuscitare l’accordo. La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha ribadito che gli Stati Uniti restano aperti a una discussione con l’Iran, ma non faranno passi per allentare le sanzioni. ilgiornale.it