Battaglia di Bauco, spicciolo revisionismo

Gli italiani, da secoli calpesti e derisi perché divisi, si raccolsero in un’unica bandiera nel 1861; il 17 marzo fu proclamato il Regno d’Italia. Risultato ottenuto grazie alle capacità politiche di Camillo Benso Conte di Cavour, abile giocatore di carte e avveduto uomo politico. Le sue doti diplomatiche permisero al governo sabaudo di stringere alleanze strategiche in Europa. Fu la mente del progetto unitario. Altrettanto determinante fu il contributo di Giuseppe Garibaldi, soldato e marinaio, leader carismatico, trascinatore di folle, esecutore materiale e braccio armato dell’impresa. Risalì lo stivale e lo consegnò agli italiani. Infine il Padre della Patria, quasi ignoto ai giovani, Vittorio Emanuele II. Il primo Re d’Italia rappresenta ancora oggi la famiglia che più di tutte ha creduto e sostenuto l’unità nazionale di cui oggi beneficiamo, la più antica dinastia europea che si impegnò, attraverso i suoi ministri, affinché l’Italia non restasse una espressione geografica ma fosse una Nazione.

Degno di nota e fatto storico il sacrificio dell’eroina Maria Sofia di Baviera. Durante l’assedio di Gaeta, la consorte di Francesco II incoraggiò ripetutamente i soldati borbonici e partecipò agli scontri che decretarono la fine del Regno delle Due Sicilie. Gaeta infatti rappresentava l’ultima roccaforte borbonica. In questo chiaro e lineare contesto storico la Battaglia di Bauco potrebbe sembrare spicciolo revisionismo. Forse l’ennesimo tentativo fuorviante di riscrivere la storia che è costituita di fatti e non di interpretazioni. L’episodio in questione è avvenuto ma raccontarlo e tramandarlo con colorita enfasi è un oltraggio alla storia nazionale e ai valori risorgimentali che andrebbero invece custoditi e trasmessi. Da anni si leggono panzane soprattutto nel Meridione, il fenomeno si sta diffondendo anche nelle regioni centrali. Di fronte a questo imbarazzante revisionismo, Girolamo Bixio, detto Nino, fa sapere di essere ancora pronto a usare la stessa clemenza usata con i siciliani a Bronte.