Aggredita mentre fa la guardia medica, «Strangolata da un paziente»

«Già da tempo meditavo sulla scelta di iniziare una nuova facoltà e cambiare professione, dopo questo fatto so che sicuramente sarà la scelta giusta e la intraprenderò appena possibile». La dottoressa Adelaide Andriani ha 28 anni e ha fatto la sua scelta. Come dice lei stessa in un messaggio inviato via Whatsapp, ci pensava «già da tempo». Ma dopo l’aggressione subita l’altra sera non ha più dubbi: non farà la dottoressa anche se si è già laureata in Medicina ed è una specializzanda in Chirurgia generale. Un uomo ha cercato di strangolarla mentre lei era di turno alla guardia medica dell’ospedale Gervasutta,a Udine. «Mi ha messo le mani al collo e per qualche istante non sono riuscita a respirare, sentivo che l’aria non passava. Ho pensato: adesso muoio soffocata», ha raccontato lei ai carabinieri. Fortuna che in quel momento aveva accanto la collega che era di turno assieme a lei, Giada Aveni, 31 anni. È stata la dottoressa Aveni a strattonare l’aggressore e a costringerlo a mollare la presa. Forte abbastanza per lasciare vistosi segni sul collo e provocare abrasioni per cinque giorni di prognosi. Ma non sono i postumi fisici a pesare di più. In questa storia il dramma e il peso più grande stanno nel sentirsi vulnerabili, continuamente a rischio perfino fra le mura di una struttura pubblica come un ospedale. È successo tutto il giorno 7 gennaio, cioè sabato scorso. Era pomeriggio tardi, già buio. Le persone che arrivano all’interno dei locali della guardia medica – che oggi si chiama servizio di continuità assistenziale – di solito vengono prima intercettate all’ingresso via citofono oppure telefonano: questo per consentire ai medici una valutazione di massima del problema e per non affollare la sala d’attesa, dati i noti problemi legati al Covid. Ma quel pomeriggio all’improvviso compaiono fra gli altri pazienti in attesa due uomini entrati senza lo screening iniziale. Uno dei due ha un problema a una gamba e zoppica, l’altro lo sta soltanto accompagnando. «Il paziente non era agitato, ci ha detto che erano immigrati senza tetto e senza documenti», racconta la dottoressa Aveni. «Invece era molto aggressivo e maleducato l’altro, l’accompagnatore. Voleva a tutti i costi che guardassimo la medicazione alla gamba che ci hanno detto che era stata fatta da poco dalla croce rossa. Così alla fine l’abbiamo medicata daccapo, anche se la medicazione andava bene. Aveva lesioni di cui però non potevamo stabilire la natura e così abbiamo consigliato al paziente di andare al pronto soccorso per accertamenti. Quando lui è uscito e l’ha detto all’altro, fuori dall’ambulatorio, quello se l’è presa tantissimo. Bussava insistentemente, alzava la voce, insultava… Allora ho chiamato i carabinieri». È la dottoressa Andriani a raccontare a verbale la parte più violenta: «L’accompagnatore, che avrà avuto una cinquantina d’anni, a un certo punto è andato verso la portineria. Io mi sono preoccupata per la signora che era lì da sola e le ho urlato di stare attenta e che avevamo chiamato i carabinieri. È a quel punto che lui è venuto verso di me, mi ha rincorso fin davanti alla porta della guardia medica e mi ha messo le mani al collo…». La collega ha visto la scena e ha cominciato a strattonarlo: «Ho sentito Adelaide che boccheggiava e gli ho dato uno strattore; gli ho tolto fisicamente le mani dal collo e ho fatto anche fatica perché stringeva parecchio. Devo dire che anche il paziente ha provato ad aiutarmi. Quell’uomo ha cercato di tirare un calcio anche a me senza riuscirci. Imprecava. A un certo punto ha chiamato la polizia e diceva in italiano: ci sono due tr.., put… Se n’è andato prima che arrivassero i carabinieri dicendoci che tanto sapeva come tornare da noi. So che li hanno identificati. Abbiamo chiesto: e se tornano? Ci hanno detto: per qualsiasi problema chiamate il 112». La dottoressa Andriani aveva già subito due aggressioni nel carcere di Udine, dov’era stata chiamata sempre come medico di continuità assistenziale. Lei vive da sola in città, dov’è arrivata dalla Brianza e dove vive la sua famiglia. Come la sua collega, anche lei non è assunta dall’ospedale: sono professionisti che prestano servizio da liberi professionisti, come i famosi medici a gettone. Se la dottoressa Andriani vuole cambiare mestiere, l’amica e collega Aveni è invece convinta che questa sia per lei la strada giusta. «Io sono felice di essere e di fare il medico. Certo, vorrei sentirmi più al sicuro, più tutelata…». Suo il posto su facebook che ieri ha fatto scoppiare il caso. Sotto le fotografie del collo segnato della sua collega la dottoressa Aveni scrive: «Spesso il medico di continuità assistenziale viene considerato un medico di serie B! Ricordatevi che dietro il camice ci sono prima di tutto persone e non esiste che un essere umano aggredisca un altro essere umano, un medico (peraltro pubblico ufficiale) attentando alla sua vita, senza contare gli insulti e le minacce! Faccio appello a che questo post si diffonda perché non posso pensare che un’altra persona ancora, dopo la mia collega, rischi di essere strangolata (…) Non deve esistere che una persona, un medico venga ingiuriato e minacciato fisicamente e verbalmente come è successo alla sottoscritta!! Chiediamo più tutela nello svolgimento del nostro lavoro! Finché non ti succede, non ti rendi conto che una volta è andata bene ma non è detto che sia così anche la prossima …». corriere.it