11 settembre, ecco cosa è successo tutta la cronaca degli attentati nel cuore dell’America

Alle 5,45 di mattina Mohammed AttaAbdulaziz al-Omar e altri tre terroristi superano i controlli all’aeroporto di Portland, nel Maine. Sono diretti a Boston. Nei bagagli nascondono qualche coltello e il tremendo segreto che cambierà la storia del mondo. 

È l’alba di martedì 11 settembre 2001, cielo sereno su New York e su gran parte dell’America. Alla Casa Bianca si è insediato da otto mesi il repubblicano George W.Bush, dopo un’aspra battaglia politica e giuridica contro il candidato democratico Al Gore. Il Paese era segnato dalle divisioni (anche se non polarizzato come oggi). L’Amministrazione doveva ancora carburare. L’opinione pubblica stava «pesando» la personalità del nuovo presidente. 

La Casa Bianca aveva lanciato un’operazione simpatia e quel martedì di settembre, Bush era atteso nella scuola elementare Emma E.Brooker, a Sarasota, in Florida. Il leader degli Stati Uniti si sarebbe fatto riprendere dalle telecamere mentre leggeva e spiegava una favola a bambini di 7 anni. 

Poco prima di partire, Bush aveva ascoltato il briefing quotidiano dei servizi segreti: tutto tranquillo, niente da segnalare

Intanto il commando di Al Qaeda guidato da Atta è già a Boston. 

Qui sale sul volo American Airlines 11, diretto a Los Angeles. 

A bordo ci sono 87 persone, tra passeggeri ed equipaggio. 
L’aeroplano decolla alle 7,59. 
Gli affiliati di Al-Qaeda entrano in azione pochi minuti dopo. 

Uccidono il pilota, il primo ufficiale, due assistenti di bordo e un passeggero israeliano, un ex militare. 

Atta si sistema alla cloche.

Sono attimi cruciali, ricostruiti minuziosamente dalla Commissione di inchiesta insediata dal Congresso nel 2002. 

La torre di controllo di Boston perde i contatti alle 8,13
Sei minuti dopo l’assistente di volo, Betty Ong, riesce ad avvisare il desk dell’American Airlines: siamo stati dirottati. 
Ma devono passare ancora dieci minuti prima che gli ufficiali dell’aviazione civile di Boston lancino l’allarme. 

Alle 8,50 i comandi militari ordinano a due caccia F-15 di intercettare l’American Airlines 11, ma è troppo tardi. 
Il Boeing 767 si è schiantato quattro minuti prima, a una velocità di 750 chilometri all’ora, contro la facciata nord di una delle Torri Gemelle, a Manhattan

Inizia la strage, comincia il giorno più buio del ventunesimo secolo. 

Per 5 anni Osama Bin Laden e lo stato maggiore di Al Qaeda avevano studiato un attacco totale. Il piano è tanto crudele quanto ben congegnato. 

Quattro squadre di terroristi si impadroniscono, quasi simultaneamente, di altrettanti aerei di linea. 

Due da scagliare contro il World Trade Center, nel centro di Manhattan, nel cuore dell’economia, della società civile americane; gli altri per colpire le istituzioni degli Stati Uniti. 

Poco prima delle 9 la Cnn trasmette le prime immagini da New York

Tutto il mondo guarda sgomento le ondate di fumo che si liberano dal grattacielo. 

L’Fbi sta indagando, ma le notizie sono confuse, frammentarie. Si pensa a un incidente. 

Ma alle 9,03, ecco il massacro in diretta planetaria

Le telecamere inquadrano un puntino sempre più grande: è l’United Airlines 175 nelle mani di altri cinque attentatori. Perfora con una fiammata la Torre Sud, tra il 77 eseimo e l’85esimo piano. 
Adesso non ci sono, non ci possono essere più dubbi. 
No, nessun incidente: «È guerra contro gli Usa», come annunciano tutte le tv americane. 

New York è nel panico. Il sindaco Rudy Giuliani fa sgomberare gli edifici pubblici, compreso il palazzo della Borsa, a Wall Street. 
Nel frattempo, nella scuola elementare di Sarasota, Ari Fleischer, capo dello staff della Casa Bianca, sussurra la notizia all’orecchio di Bush

Il presidente è ancora inchiodato sulla sedia, con il libro delle favole aperto sulle ginocchia. Rimarrà immobile ancora per 7 minuti, prima di lasciare l’aula e imbarcarsi sull’Air Force One. 

Alle 9,03 il presidente rivolge un breve messaggio alla nazione: «Sembra un atto di terrorismo». 

La «fortezza volante» del capo dello Stato non rientra nella capitale. C’è il timore che l’offensiva non sia ancora terminata. A Washington viene evacuata la Casa Bianca. 

Il vice presidente Dick Cheney assume di fatto il pieno comando. 
E in effetti il progetto di Al-Qaeda si sviluppa in tutta la sua ampiezza. 

Alle 9,37 un altro aereo si abbatte sul Pentagono. Il terrore si mescola, si impasta con una grandissima confusione. Il Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, racconterà nelle sue memorie che, appena udito lo scoppio, si precipitò fuori per dare una mano ai soccorritori. Solo dopo un po’ si rese conto che avrebbe fatto meglio a rientrare in ufficio per coordinare la risposta militare degli Stati Uniti. 

L’ultima missione suicida, invece, fallisce

Quattro jihadisti si impossessano del Boeing 757 partito da Newark, in New Jersey, alle 8,42 con destinazione San Francisco. I killer puntavano sulla Casa Bianca o probabilmente sul Congresso di Washington. Ma i 33 passeggeri, più 7 componenti dell’equipaggio, si rivoltano: il volo 93 della United Airlines precipita nella campagna di Shanksville, in Pennsylvania

L’epicentro della crisi, in ogni caso, resta New York. 

L’agonia delle Torri è terrificante. 
I pompieri, i poliziotti, i soccorritori volontari corrono su è giù dalle scale per portare in salvo migliaia di persone. È l’epopea del sacrificio personale, di vero eroismo: 343 vigili del fuoco e 72 poliziotti perderanno la vita nei tentativi di salvataggio

Le Twin Towers, l’orgoglio di Manhattan, progettate dall’architetto Minoru Yamasaki e inaugurate nel 1973, sono ormai segnate. È il momento forse più agghiacciante. 

Le tv inquadrano delle sagome che precipitano dai piani alti in fiamme. Sembrano fantocci, pupazzi inanimati. Invece sono uomini, donne. Esseri umani. È l’ultimo illogico tentativo di sopravvivere. 

Cominciano a circolare immagini impressionanti, indimenticabili: la donna completamente ricoperta di polvere; un uomo che osserva a bocca aperta l’istante dell’impatto; un minaccioso nuvolone di polvere e detriti che insegue persone in fuga. 

È l’11 settembre di tutti. È con quelle sequenze che prende forma lo slogan «siamo tutti newyorkesi». 

Alle 9,59 la Torre Nord si accascia, sbriciolandosi

Venti minuti dopo, alle 10,28, crolla anche l’altra Torre

Il bilancio sarà spaventoso: 2606 vittime civili, cui vanno aggiunte le 125 del Pentagono e i 246 passeggeri dei voli dirottati

Una carneficina immane portata a termine da soli 19 terroristi-kamikaze: 15 provenivano dall’Arabia Saudita; 2 degli Emirati Arabi; uno dal Libano e uno, il comandante sul campo, il trentatreenne Mohammed Atta, dall’Egitto. corriere.it